Più che una definizione, è uno slogan: lo stato di diritto è il governo delle leggi al quale si contrappone il governo degli uomini.
Non credo sia possibile ottenere una definizione migliore di questo slogan uellodi stato di diritto è una prassi più che un concetto, ed è alla prassi, al concreto agire che bisogna guardare, se si vuole comprendere che cosa è lo stato di diritto, e valutare se è preferibile alle alternative.
Governo delle leggi: se la legge stabilisce delle regole, queste valgono per tutti; le eccezioni sono possibili solo se previste da altre leggi.
Così, se qualcuno presenta un documento in ritardo, o lo presenta con firme non valide, è fuori dai giochi. Anche se è il candidato che molto probabilmente vincerà le elezioni: la differenza non la fanno gli uomini, ma le leggi, e infatti l’unica possibilità è sperare che un’altra legga conceda quello che la prima nega.
Governo degli uomini: quando una legge ci aggrada, o aggrada il potente che intendiamo sostenere, è valida; quando non ci aggrada, ci si affida a qualcosa di più fondamentale: la volontà popolare, ad esempio, oppure lo spirito della legge, o ancora la Legge (naturale?) con la maiuscola. Aspetti più fondamentali, forse, ma anche più fumosi, meno netti e definiti. Perché è questo il vantaggio del governo delle leggi: certezza e solidità. La volontà popolare, lo spirito della legge, la legge naturale sono tutte cose facili da piegare; materiale troppo malleabile per costruirci qualcosa di solido. Materiale scadente per una realtà sociale degna di questo nome,
La tua distinzione è ovviamente convincente, ma per esperienza so che la legge non tutto prevede e alle volte può essere ottusa. Altra notazione è quella che il governo delle leggi è comunque condizionato dal governo degli uomini, perchè la legge può essere cambiata.
Io noto che in generale noi sempre tendiamo a affidarci a qualcosa di inorganico come una legge, una norma, scritte magari con il più ampio consenso, perchè diffidiamo della capacità di un legislatore di agire per il bene comune in assenza di controlli serrati e di una testimonianza scritta del codice di riferimento.
Insomma nuovi sistemi per correggere vecchi comportamenti (nuova legge elettorale, nuove norme, ecc). Non so se è la strada giusta ma noto che il linguaggio con il quale sono scritte le leggi è ambiguo, soggetto a un certo grado di interpretazione, se non si selezionano (naturalmente) elite politiche fededegne, saremmo sempre qui a porre assoluto e relativo in così forte contrasto, essendo il relativo della nostra realtà così soffocante e distante dal minimo assoluto cui tendiamo.
@paopasc: Posso “tradurre” il tuo commento nei termini del post?
Le leggi sono rigide, ma un po’ di flessibilità l’hanno ugualmente. Si interpretano, ma non ad arbitrio; si modificano, ma non in base ai semplici desideri del potente di turno.
La traduzione ti convince?
io credo che il vantaggio del “governo delle leggi”, più che in certezza e solidità, stia nella prevedibilità. ogni partecipante al gioco sa che quelle sono le regole, che non cambieranno senza che vi sia un avviso e una discussione, e quindi ripone una certa fiducia nel fatto che tutti i partecipanti le rispetteranno (più o meno, fatte salve le interpretazioni, le zone grigie, il gioco). questa fiducia è la cosa necessaria per sviluppare un progetto di vita personale. quindi la prevedibilità delle leggi, il fatto che nel proprio piano si tenga in conto che anche gli altri giocheranno secondo quelle regole e non devo perdere tutto il mio tempo a difendermi, è secondo me la componente che fa preferire questo governo delle leggi a quello degli uomini.
Si.
Però pensa alla legge elettorale: ogni volta che c’è scontento generale è colpa di una legge, come se con la prossima, improvvisamente, i politici diventassero migliori.
Vero anche quello che dice Alex. D’altra parte vi è prevedibilità anche nella nostra ricostruzione a mappe del mondo.
@alex: Questa prevedibilità è appunto quello che intendo con solidità (termine che preferisco perché penso la questione in termini di oggetti sociali).
@paopasc: È sempre colpa di una legge: la legge è il capro espiatorio perfetto…
Non so… ho capito tutto quello che il mio buon paolopasc ha scritto. E lo condivido!!!!
Per la verità ho un po’ vacillato davanti a fededegne, ma forse era soltanto mio compiacimento.
Però…..mi sto chiedendo se davvero il governo delle leggi sia davvero preferibile. Certamente il ragionamento (anche quello esplicitato da alex) fa poche grinze, però …. mi sembra un po’ semplicizzante. Forse è proprio l’esempio della legge elettorale che mi lascia dubbioso. In fin dei conti la legge elettorale serve a scegliere degli uomini, che in un caso particolare sono proprio quelli che poi parteciperanno alla stesura delle nuove leggi. Forse potrebbe suonare eretico o talebano, ma l’affidarsi completamente alle leggi rispetto all’uomo proprio considerando anche gli ultimi post di ivo mi lascia un dubbio, l’estensore di una legge “discriminatoria” sarebbe davvero discriminatorio quando dovesse invece applicarla di persona? E viceversa se la discrezionalità della flessibilità consentisse un governo degli uomini… saremmo al corto circuito?
Un Sorriso
P.S. Sulle recenti questioni di liste “varie” rimango molto perplesso, forse più del SB. Però supporrei che le soluzioni tipo quelle delle leggi “ad listam” di Metilparaben forse potrebbero aprire nuovi ed interessanti scenarii.
Nonostante sia d’accordo con la tua conclusione, ho una riserva sul ragionamento: fermo restando quello che dici sulla sua “malleabilità”, il diritto non è totalmente riducibile alla legge, né la legittimità alla legalità.
Le leggi razziali naziste erano leggi, giusto? Ma noi non abbiamo remore a dire che, nonostante la loro formale “regolarità”, erano leggi illegittime, inique.
Diritto e legge, dice Zagrebelsky, sono fra loro in tensione. E fa l’esempio di Antigone, che affronta l’interdizione emessa dal re Creonte (la legge), per portare a compimento i riti funebri (il diritto) sul corpo del fratello.
Ciao.
Da Antigone al caporale delle SS che disubbidisce, sono troppi gli argomenti che non mi consentono di accettare la via che proponi (in Italia la proponeva Bobbio, oggi decisamente in ribasso).
Ammettiamo che chi presenta il “documento in ritardo” o le “firme non valide” si faccia poi una leggina ad hoc che sana tutto con tanto di pernacchia.
Tutti in silenzio perchè “la legge è legge”? Direi di no, direi che qualcosa di “più fondamentale” deve esistere per consentirci di opinare fondatamente.
Non sarà un caso se la “rule of law” (lo stato di diritto nella concezione anglosassone) nasce dalla “consuetudine” e non si identifica certo con la “legge” dello stato di diritto continentale. Il suo significato è molto più vicino a quello di “legge di natura”.ciao.
Mi sembra che tu dimentichi un elemento pregiudiziale: l’accordo tra le parti di rispettare la legge. Mancando tale intesa, si torna al puro e semplice rapporto di forze. L’esempio più eclatante sulla correttezza di questa tesi, ce l’abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni: l’incapacità d’istituire un ordine mondiale tra le nazioni. Quale possa essere la convenzione stipulata, quando una nazione “forte” (Usa, Russia, Cina) decida di violarla, anche solo per soddisfare un puro interesse estemporaneo, non vi sono altri mezzi se non la guerra, calda o fredda che sia, per ri-attribuire la ragione; il cui significato è tanto soggettivo come lo è quello di diritto, essendo la definizione d’entrambi i termini una prerogativa del vincitore.
La dizione “Stato di diritto”, dunque, è e rimane solo una “espressione geografica”.
Ciò che conta – infine – è il solito “articolo quinto: chi è più forte, ha vinto”.
@il più Cattivo, Lorenzo e broncobilly: Risposta collettiva perché mi sembra muoviate obiezioni simili.
La legge è la legge. Ciò significa che se una legge è valida va rispettata, nel senso che se tu non la rispetti e vieni scoperto subirai le sanzioni previste. Punto.
Questo non toglie che tu possa decidere, per motivi che non hanno a che fare con la legge, di infrangere la legge. Disobbedienza civile, obiezione di coscienza o come la vuoi chiamare: mai capito perché dovrebbe essere un problema per il positivismo giuridico.
Antigone seppellisce il fratello nonostante la legge lo vieti?
Il giudizio della legge vigente è contro di lei. Ciò non toglie che il mio giudizio di persona sia con lei e possa contribuire a cambiare la legge vigente.
@lector: Il diritto internazionale, secondo alcuni, non è vero diritto appunto per le questioni da te sollevate. Che queste obiezioni si possano muovere a faccende interne a una nazione è cosa vagamente inquietante (compreso un ministro che afferma, se quel che leggo è vero, «Non rispondiamo delle nostre azioni»!).
Mi auto-commento il post.
Questa faccenda non garba neppure me: se le esclusioni verranno confermate, si avrà un risultato elettorale inquinato, dalla superficialità e arroganza dei partiti, ma sempre inquinato.
Oltretutto, temo che questa faccenda non avrà conseguenze positive per gli avversari politici di Formigoni e Polverini: questi eventi rischiano di convincere gli indecisi di destra a votare per i due candidati pasticcioni.
Ivo, la tua risposta mi convince al cento per cento!
Voglio essere più preciso.
“La legge è la legge. Ciò significa che se una legge è valida va rispettata, nel senso che se tu non la rispetti e vieni scoperto subirai le sanzioni previste. Punto. Questo non toglie che tu possa decidere, per motivi che non hanno a che fare con la legge, di infrangere la legge. Disobbedienza civile, obiezione di coscienza o come la vuoi chiamare: mai capito perché dovrebbe essere un problema per il positivismo giuridico.”
Queste righe, Ivo, hanno una “densità di intelligenza” che non ho incontrato spesso, nella mia vita di lettore.
Complimenti! 🙂
Non mi convince molto.
Cosa vuol dire “lo stato delle leggi” alias la legge è legge?
Non esiste un solo stato al mondo dove si disponga ogni cosa tramite leggi e regole.
Tra le varie funzioni dello Stato c’è la tutela dei singoli e della loro incolumità secondo intelligenza, scienza e coscienza.
Un sistema di norme codificato non salva da un terremoto, non evita una guerra, non fa diplomazia, non ferma le consueguenza impreviste, controintuitive e non volute di norme scritte, non tutela l’ordine pubblico, non garantisce appunto per la sua fissità la trasformazione sociale, specie se improvvisa e imprevedibile.
Dovremmo abolire l’esecutivo perché “la legge è legge”?
Eliminiamo le leggi correttive, i decreti delegati correttivi o i decreti legge correttivi?
Eliminiamo la facoltà discrezionale prevista per la pubblica amministrazione?
La legge produce di norma certezza giuridica e prevedibilità.
E se la legge produce effetti imprevisti e contrari al suo stesso spirito?
Pare incongruo parlare in questo caso di arbitri “potente di turno”, ponendosi in un gioco delle parti e non in un’ottica delle istituzioni.
Se Bonino vince nel Lazio contro sé stessa e forse senza maggioranza, che valore avranno i decreti suoi e della sua giunta?
Le leggi sono rispettate perché la gente vuole rispettarle.
Quanto è probabile un ostruzionismo del consiglio regionale, dei comuni, degli uffici, dei semplici cittadini?
La legge è legge, ma ricordiamoci la scena finale del Mercante di Venezia e le parole di Shylock.
Siccome non c’è nessuna legge che, qualora l’avversario sia intellettualmente e materialmente disonesto, proibisca di fare filibustering, state certi che accadrà. Perché collaborare in mancanza di una legge che li obblighi a farlo?
Siccome la legge impone di essere rispettata, ma non può vietare la disobbedienza civile di chi la vuole violare conscio delle conseguenze, state certi che al primo vuoto normativa di prescrizioni prive di sanzione se ne approfitterà.
Si sono sentite tra alcune fronde alcune curiose asserzioni.
“La legge è legge. Cosa c’entra una soluzione politica?”
Le elezioni servono a garantire un funzionamento politico a organi politici.
Se per disonestà intellettuale di una parte l’avversario giustamente lo blocca, le elezioni sono fallite e dalla politica siamo scesi nel puro scontro.
Ciò di cui parlo non è affatto una concessione alla violazione delle regole.
Ogni legge o regola tutela un interesse, perdendo di vista il quale tutto si distorce nell’ideologia del verbo solidamente iscritto nella pietra (ma interpretato a piacer proprio, come si legge su certi editoriali odierni).
Non tutte le norme hanno la stessa funzione e struttura.
Se vieto di imbrattare un muro o di picchiare qualcuno, è molto chiaro che tutelo l’incolumità degli uomini e la vivibilità delle città.
Se mancasse la norma, niente reato ma resterebbe che le persone non vanno menate e lo stato deve provvedere a proteggere questo minimo diritto.
Se impongo di presentare 102 firme entro le 12.07 minuti di un giorno per la presentazione delle liste elettorali, non tutelo nulla.
Certamente è utile un previo supporto di base per presentare una lista di candidati, per evitare competizione tra una miriade di liste prive di base, per un miglior funzionamento della fase democratica delle elezioni.
La norma però serve solo a porre ordine in una procedura.
Non cambia nulla se le firme sono 100 e sono presentate alle 12.09.
Tutto questo è solo una disposizione per garantire un buon funzionamento in vista della competizione.
Le regole sono regole.
E che succede se una regola preparatoria e formale viene parzialmente violata, ma ci sono soddisfatte tutte le condizioni per la regola principale ossia quelle della competizione elettorale?
E se l’applicazione senza deroghe della regola formale non solo annienta la competizione elettorale, ma anche le possibilità di gestione politica e non conflittuale della società e della PA, poiché questo le elezioni devono garantire?
Avremmo applicato le regole o avremmo fatto un po’ di Rousseau a buon mercato?
Questo uso dello “stato delle leggi” vale “Lo stato è un gioco a scacchi senza fini ulteriori e senza razionalità intrinseca. Il cavallo non muove in diagonale. Fine.” o “La pressa idraulica si aziona da manuale ogni cinque minuti. Ti sta schiacciando una gamba? Aspetta cinque minuti o convoca il capocantiere perché modifichi le regole del manuale.”
Mi sembra solido e sano analizzare le norme nella loro struttura e nelle loro funzioni, senza marciare al passo di uno slogan.
Ritenere pieghevole e malleabile la razionalità significa dubitare di una diffusa razionalità umana senza la quale la politica è inutile… nel qual caso non si capisce perché questa presa di posizione verso vicende politiche e istituzionali…
Non sono d’accordo, Eno.
Scrivi: “Se impongo di presentare 102 firme entro le 12.07 minuti di un giorno per la presentazione delle liste elettorali, non tutelo nulla. […] Non cambia nulla se le firme sono 100 e sono presentate alle 12.09”.
Per me invece cambia eccome! Le regole sono regole, e vanno rispettate.
Se vado in macchina in città (limite massimo dei 50) a 55 km/h, sto violando il codice della strada: 5 km/h sono un’inezia, la differenza tra uno che va ai 50 e un altro che va ai 55 è piccolissima e probabilmente rilevabile solo con strumenti elettronici di precisione. Ciò non toglie che se vai ai 55 sei in muta, se vai ai 50 no.
Altro esempio: per chi è precario nella scuola, sono necessari 180 giorni di servizio in un anno per maturare un anno di anzianità, che comporta una serie di vantaggi che ora non sto a spiegarti, ma che sono importanti ai fini della composizione delle graduatorie e che possono fare (e spesso fanno) la differenza tra essere richiamati l’anno successivo oppure no, ovvero tra essere occupati e disoccupati.
Ebbene, conosco persone che hanno prestato in un anno 177 giorni di servizio (3 in meno della fatidica quota). Per loro, nessuna sanatoria: niente anno di anzianità, e niente lavoro l’anno successivo. Tremendo. Ma le regole sono regole, dovrebbero valere per tutti.
Di esempi così se ne possono fare milioni.
Con una bella differenza: se un cittadino comune viola le regole, paga. Se a farlo è un politico, che le regole se le può fare su misura, no.
E’ un controesempio inadeguato, oltre a non rispondere ai quesiti sollevati.
Se violi il limite della strada fino a 10 km/h la sanzione è minima e meramente dissuasiva.
Se violi il limite fino a 40 km/h la sanzione sale ed te la fa pagare cara in modo afflittivo.
Se superi per più di 40 km/h ti possono anche togliere dalla circolazione stradale.
Recependo l’aspetto logico della differenza di situazioni, le “regole” (dubito che queste sia tali, ma vabbè) non sono semplicemente “regole”: sono diverse.
Non solo è un riferimento improprio, ma si dimentica che il codice della strada non è convenzione.
Se perdi aderenza in curva, ammazzi te stesso e il pedone di là del guard rail.
Non è una procedura burocratica, io credo.
La sostanza lì è evitare il morto su un asfalto ritinto di rosso e qui garantire elezioni efficienti ed eque.
Se vuoi cercare il parallelismo, fallo.
Equipara un timbro sbiadito sul bollo auto con una lista presentata con dieci minuti di ritardo.
Pareggia il rischio di una superstrada bloccata da uno schianto con un candidato in elezioni vuote e senza concorrenti.
Se superi di 5 km/h il limite, il vigile in divisa ti farà la dovuta multa ma non ti impedirà di arrivare a casa con la macchina.
Non credi che allo stesso modo un delegato di partito che presenti in lieve ritardo le liste debba risponderne, ma non per questo debba vedersi precluso l’accesso alle elezioni?
Per i casini concorsuali e d’anzianità in ruolo, qualcosa ne so.
Ci sono, se uno vuole, le possibilità di ricorso fino alla corte costituzionale. Se il MIUR fa cazzate, sono responsabilità del direttore di dipartimento competente e del ministro. Fate ricorso e protestate.
Perché non s’è fatto schiamazzo e non s’è denunciato?
S’è perso l’uso della lingua e del calamo?
Non si può usare, di fronte alla denuncia di una disonesta capziosità e d’un abuso, un controargomento che verte sulla supina accettazione del torto o sul fallimento d’una analoga campagna di protesta.
Permettimi poi.
Dire che un “politico” non paga mai pegno (ma un cittadino sì!) è forte.
Nonostante la cronaca splatter e alcuni casi eclatanti è vero piuttosto il contrario.
Evasori, soverchiatori, aggiratori e corruttori di norma si guardano bene dal comparire in pubblico.
E che cos’è il cosiddetto “politico” di fronte al celebrato “cittadino qualunque”?
Un cittadino che si impegna, e certo quindi che le regole potrà correggerle.
Se uno sceglie invece di essere un “qualunque”, vabbè, pace e bene.
Facciamo così, Eno. La prossima volta che farai un concorso pubblico o una domanda per un posto in una p.a. (o analogo), i cui termini di iscrizioni scadono, poniamo, l’8 marzo alle 12, fallo con un’ora di ritardo.
Poi sapppimi dire!
In bocca al lupo… 😉
L’ultima volta che ho fatto un concorso pubblico per una PA, mancava la fotocopia avanti e retro della carta d’identità.
L’ho portata con tre ore di ritardo.
Sanata, ovviamente.
La domanda era regolare nella parte sostanziale, ero lì per tempo, la mia identità era certa ed avevo con me un documento che non avrei potuto ottenere senza una valida carta di identità.
Ugualmente, se i documenti di lista all’ora di chiusura sono metà nell’ufficio e metà fuori, ci vuole malafede per non vederci una presentazione semplicemente incompleta.
Non credo fossero nell’edificio per errore.
Potremmo anche aggiungere che la presentazione delle liste non è un concorso per esami e titoli e non è una gara d’appalto.
Ma qui mi sto stancamente ripetendo, credo.
Giusto per non dirle grosse, il regolamento nazionale sulla presentazione delle liste prevede all’art. 17 quanto segue.
.
Elezione del presidente della giunta regionale e del consiglio regionale nelle regioni a statuto ordinario – Istruzioni per la presentazione e l’ammissione delle candidature.
E’ in seguito prevista l’esclusione delle liste presentate presso le cancellerie oltre il termine ultimo, ma non si dà una definizione di “presentazione” e qui si ritorna a quanto sopra.
I miei complimenti per la futura carriera cielo a quadretti dell’anonimo cancelliere romano.
Ciò detto, non ho ancora capito se questa era una obiezione sul tema del post o era solo una personale esperienza con la PA.
“Ciò detto, non ho ancora capito se questa era una obiezione sul tema del post o era solo una personale esperienza con la PA.”
Niente di personale: mai capitati disguidi, sono precisissimo, io. 😉
Ma se facessi una domanda parziale o incompleta o fuori tempo massimo e me la vedessi respinta “per un vizio di forma”, me la prenderei con me stesso (dandomi del cog****ne), e non griderei al complotto, né me la prenderei con lo Stato o con la burocrazia o con dio, né invocherei l’aiuto di alte personalità per rimediare al mio errore.
Quanto al cambiare le regole in corsa con un bel “decreto interpretativo”, quello non potrei farlo neanche volendo… 😉
Su questo non ci sono dubbi.
Il delegato è un pirla.
Infatti i ricorsi e i provvedimenti non sono stati intrapresi per salvare il delegato, sul cui futuro politico possiamo azzardare facili pronostici da allibratore.
Servono solo a salvaguardare la lista coinvolta e solo in quanto sarebbe falsato l’esito elettorale e gli elettori non potrebbero scegliere.
Sarebbe impensabile una simile iniziativa se il problema fosse di rimborsi elettorali o roba così.
Chiedere un decreto di interpretazione autentica non è nelle disponibilità di chi fa un concorso pubblico.
Ma è nelle possibilità di qualsiasi lista danneggiata da bizzarrie simili.
Ribadisco che tutto questo, però, scarroccia lontano dal tema del post.
ciau, Eno
E che cavolo! per una volta nella vita hanno perfino ragione i radicali: domani, probabilmente, nevicheranno rane.
Il governo non dovrebbe poter decretare d’urgenza in materia elettorale.
@eno: Arrivo un po’ in ritardo, e hai messo troppa carne sul fuoco per mangiarla tutta: mi limito a spiluccare un po’.
La faccenda non piace neppure a me, e concordo che una vittoria in assenza di avversari sarebbe formalmente valida ma politicamente infelice e forse inefficace. Sono ottimi motivi extra-legali per pensare o di cambiare le regole oppure di cercare altre soluzioni (interpretazioni) all’interno delle regole già in vigore.
L’esempio della pressa mi piace molto, e ti confesso che mi immagino un operaio tedesco chiamare il responsabile per modificare il regolamento della fabbrica! (non immagino un operaio tedesco che si distragga e resti con la gamba sotto la pressa, ma questo – forse – è un altro discorso).
La vera domanda, per me, è:
Perché è successo tutto ciò?
Senza sperare di tirare fuori proprio tutto, vorrei mettere però qualche carta sul tavolo.
1° Elezione del “Presidente del consiglio regionale”. E’ una carica interessante, specie in relazione alla “spesa sanitaria” che è appunto un capitolo regionale. Però perché deve essere eletto direttamente e cosa significa davvero eletto direttamente?
2° Liste dei candidati. Queste liste vengono confezionate dalle segreterie dei partiti, praticamente sempre, e, secondo logica, dovrebbero riportare l’elenco dei candidati prima che vengano proposte ai firmatari, perchè allora consentire giochi di “movimento” fino all’ultimo momento. Chiedo anche il parere “degli esperti” di teoria dei giochi 😉 , ma non sarebbe più logico predisporre una data per la “consegna delle liste” ed una successiva per la “consegna delle firme”, in tal modo i balletti si ridurrebbero enormemente.
3° Chi ha diritto di essere candidato? Mi riferisco sia alla questione mandati multipli che a questioni di rappresentatività. Se i sopradetti (o no, ma ci siamo capiti) sono così importanti da determinare con la loro presenza la democraticità delle elezioni, perchè allora devono raccogliere le firme?
4° (e mi fermo qui) Se le elezioni fossero la massima espressione della democrazia, dovrebbero richiedere il massimo della competenza, il fatto che possano essere compiuti atti “errati” o addirittura “falsi” (firme di deceduti?) dovrebbe essere automaticamente materia di codice civile, forse (o più probabilmente)penale.
Un Sorriso
Volendo essere ottimista a tutti i costi (e per me questo è uno sforzo immane), a leggere i post fin qui inviati e al dibattito suscitato su questo blog dai recenti fatti politici, si sarebbe portati a credere che queste incresciose vicende hanno avuto almeno il merito di far discutere l’opinione pubblica sul concetto di stato di diritto, di interrogarsi sul limite della nozione di legge positiva, di dare insomma uno scossone all’assopita coscienza civica dell’italiota medio. Ritornando poi ad essere quello che sono (cioè un inguaribile pessimista che di solito ci azzecca), credo che purtroppo il livello di discussione su questi argomenti di questo blog non sia quello più diffuso nell’opinione pubblica. Ammetto di essere particolarmente incline a credere alla teoria del complotto ma per me tutta la questione del ritardo nella presentazione delle liste si spiega molto semplicemente come l’ennesima trovata propagandistica dei creativi berlusconiani. Mi spiego meglio: nella Destra ci devono essere probabilmente timori ben fondati che una parte del suo elettorato sia indecisa su chi votare o scelga l’astensione alle prossime elezioni. Paventando questi rischi, per ringalluzzire gli animi degli elettori pigri o poco convinti, quale miglior strategia che creare un problema “amministrativo” che dia l’ennesima occasione ai fascisti per parlare di golpe, magistrati rossi ecc. ecc.? La Destra si presenta così nuovamente come vittima delle trame dei comunisti, (e questo, si sa, è sempre un’argomento che funziona dalle sue parti), spingendo così anche la parte del suo elettorato “moscio” ad andare a votare contro questa “ingiustizia” della sua esclusione dalla competizione elettorale. Oltre a questo, va considerato anche il fatto che in questo modo, per evitare l’aberrante situazione post elettorale di un parlamento dove circa metà dell’elettorato nazionale non è rappresentato, si spingono le istituzioni a cercare di sanare la questione con provvedimenti ad hoc e che quindi devono forzare e distorcere in qualche modo la normale interpretazione della legge o ne contravvengono totalmente le disposizioni: un’altra esibizione di forza della Destra che dimostra così nuovamente al paese di essere virtualmente onnipotente di fronte a qualsiasi norma non risponda ai suoi interessi. Si tratta cioè di un “incidente” creato apposta. Mi sto vedendo questo film da solo? Sarà, però ricordate che siamo in Italia e quindi su questioni anche solo di mera educazione civica è sempre consigliabile volare basso. Ciao
@Il più cattivo: Sul punto 2: proposta interessante; posso immaginare che simili regole renderebbero troppo difficile presentare le liste.
Sul punto 4: concordo.
@Filopaolo: Tendenzialmente, trovo i complotti superflui: l’incapacità e la stupidità sono spiegazioni più che sufficienti.
La legge è la legge. Ciò significa che se una legge è valida va rispettata, nel senso che se tu non la rispetti e vieni scoperto subirai le sanzioni previste. Punto
Quindi non c’ è assolutamente nulla di normativo in quel “la legge va rispettata”.
Governo degli uomini: faccio quel che voglio indipendentemente dalla legge vigente (che è una circostanza ambientale fra le tante).
In questo senso “governo delle leggi” e “governo degli uomini” sono perfettamente compatibili e possono convivere. Perchè mai contrapporli?
Forse una conclusione del genere andrebbe benissimo ad un giusnaturalista ma un po’ meno al positivista.
Penso che le vie del marketing (politico e non) siano infinite…e sono sicuramente molto furbe e per niente stupide. Sappiamo tutti che sono efficaci perché riescono a smuovere l’emotività, non perché convincono con argomenti razionali. La comunicazione politica, come quella commerciale, si è fatta oggi talmente raffinata e subdola che, per esempio, a rileggere oggi il famoso “I persuasori occulti” viene solo da ridere per la sua ingenuità. Credo che l’unica stupidità che è rimasta in abbondanza sia solo quella del pubblico che si pappa il messaggio e ancora troppo spesso ci crede.
@broncobilly:
Faccio quel che voglio e accetto le conseguenze – giuridiche – di quello che faccio. Solitamente, in un governo degli uomini alcuni fanno quello che vogliono senza incorrere nelle sanzioni previste dalla legge – e la vedo dura, per questi alcuni, trovare compatibilità con il governo delle leggi.
“Faccio quel che voglio e accetto le conseguenze – giuridiche – di quello che faccio. Solitamente, in un governo degli uomini alcuni fanno quello che vogliono senza incorrere nelle sanzioni previste dalla legge – e la vedo dura, per questi alcuni, trovare compatibilità con il governo delle leggi”.
Amen.
Faccio quel che voglio e accetto le conseguenze – giuridiche – di quello che faccio
E sulla BASE di che cosa “dovrei” accettare le conseguenze giuridiche quando posso evitarlo sottraendomi?
Non vedo bene come il “positivismo” possa affermare un “dovere” del genere. Per lui emerge un dilemma.
Se un “dovere” del genere ha poco senso e va escluso dalla trattazione, il positivista è incapace anche di specificare adeguatamente la distinzione tra “governo delle leggi” e “governo degli uomini” (commento 26).
In caso contrario, il positivista sarebbe costretto ad affermazioni di valore uscendo dal suo paradigma.
Beninteso, posso simpatizzare anche con il positivismo giuridico… ma solo nella sua versione radicale e coerente: quella degli anarco capitalisti à la David Friedman, dove si ha il coraggio di ritenere la “legge del più forte” un valido basamento per il sano ordinamento giuridico. [Eviterei dunque le versioni pallide ed incoerenti alla Bobbio (onesto e pedissequo importatore di Kelsen)].
L’ esito libertario (e quindi da taluni accettato), per quanto genialmente argomentato dall’ autore americano, rimane pur sempre solo una scommessa. Bene (per un libertario), ma francamente mi sento molto meglio se lo puntello con principi pre-giuridici.
@broncobilly:
Non devi accettare le multe: ci sei costretto.
Molti, ovviamente, rispettano la legge anche se non vi sono direttamente costretti. Abitudine, tensione etica, conformismo, follia: quello che vuoi – tutti aspetti che non riguardano il diritto, se non in senso lato, ma la sociologia, la psicologia eccetera.
Quindi ognuno fa quel che crede ritagliandosi una propria legge in base alle proprie convenienze: tutti contro tutti. S’ intende ovviamente che nel “tutti contro tutti e vinca il più forte” ognuno debba fare i conti con la legge altrui.
Bene, ma allora ricadi nel primo corno del dilemma: non ha più nemmeno alcun senso la distinzione tra “governo degli uomini” e “governo della legge”. E infatti, negli studi giuridici dell’ unica posizione positivista coerente (anarco-capitalismo), è una distinzione del tutto insensata e tralasciata. ciao.
@broncobilly: Perdonami, ma non riesco più a seguire il tuo ragionamento.
Il tuo stato di diritto si riduce al fatto di battezzare “legge” un comando qualsiasi purchè s’ imponga. Cosa sia la “legge legittima” infatti, da giuristi, non siamo autorizzati a chiedercelo, altrimenti si intraprenderebbe un discorso sui fondamenti.
Io dico “si fa così” e questa è la LEGGE. E chi non ubbidisce verrà sculacciato tre volte. Tu reagirai facendo le tue valutazioni, ubbidirai e tradirai a seconda delle convenienze del momento. E’ il “tutti contro tutti” che l’ anarco capitalista accetta e da cui fa partire le proprie considerazioni.
Vedi da te come il positivista coerente scarica completamente di senso l’ opposizione da te proposta tra governo delle leggi e governo degli uomini.
Ciao! Avendo un minuto in più spero di chiarirmi meglio con un esempio.
Prendiamo una norma particolare che recita così “è Legge vincolante per tutti cio’ che dice Nerone”.
Nerone e i neroniani hanno gli strumenti per applicare la Legge. Ne consegue che per un giuspositivista sia una Legge valida e vincolante a tutti gli effetti.
Qualcuno rinviene ancora la distinzione tre “il governo della Legge” e “il governo di Nerone”? No. Quindi…
Tornando al post, forse giustificare una Legge comporta l’ impiego di concetti vaghi, ma se l’ alternativa alla “vaghezza” è il “nulla”, allora anche la “vaghezza” diventa una risorsa preziosa. Grazie e a presto.
@Broncobilly: Sì, quella di Nerone è una legge valida.
Vedo ottimi motivi per non voler cambiare una simile legge, motivi che, ripeto non sono questioni di diritto.
La distinzione tra governo delle leggi e governo degli uomini è che se Nerone dice una cosa, è quella la legge e vale la parola che ha detto, non la cangiante opinione di Nerone. Nel caso specifico la differenza è marginale, ne convengo.