Se la luce è lo strumento della visione, l’ombra sarà il suo grande antagonista. Ci si nasconde nell’ombra perché nell’oscurità lo sguardo non penetra. Ma è anche vero che la vista non può fare a meno dell’ombra: l’informazione contenuta nell’ombra è un ausilio fondamentale per la visione. L’evoluzione ha tenuto conto di un mondo pieno di ombre e ha selezionato i sistemi biologici adattandoli alle differenze di oscurità.
Roberto Casati, La scoperta dell’ombra, Milano, A. Mondadori, 2000, pag. 8
Proviamo a riscrivere l’ultima frase:
Il buon Dio, nella sua infinita provvidenza, ha tenuto conto di un mondo pieno di ombre e ha creato i sistemi biologici adattandoli alle differenze di oscurità.
Oppure, più semplicemente:
Il mondo è pieno di ombre e i sistemi biologici sono sensibili alle differenze di oscurità.
Cosa cambia tra le tre versioni? Per il discorso del libro di Casati, che descrive come conosciamo le ombre e come conosciamo attraverso le ombre, praticamente nulla: per questi discorsi non ha importanza sapere se la causa di un fenomeno è il buon Dio oppure l’evoluzione, ma importa che il fenomeno ci sia e, soprattutto, che si sia in grado di descriverlo correttamente.