4 agosto 2007
A Vilnius, capitale della Lituania, ho avuto modo di vedere, per la prima volta in vita mia, un luogo religioso. Non che non sia mai entrato in una chiesa o in un santuario, ma questi li ho sempre vissuti come opere d’arte o luoghi di ritrovo: il Duomo di Milano, giusto per fare un esempio, è una chiesa, ovviamente, ma è anche un bellissimo edificio situato nel centro della città, ne puoi ammirare le alte guglie, apprezzarne la vicinanza con i negozi o goderti il fresco dell’interno.
Con la Madonna della Porta dell’Alba nulla di tutto ciò è possibile. Non che sia brutta o artisticamente irrilevante, anzi: solo che appena ti avvicini senti recitare il rosario (in lituano, ovviamente) e vedi le persone inginocchiate di fronte alla Madonna. Potresti anche piazzarti dietro la vecchietta che prega e scattare alcune foto, ma non lo fai, non osi neppure entrare perché saresti un estraneo: tu vuoi ammirare la Madonna, non la vuoi venerare.
L’unica foto che ho della Madonna è scattata dalla strada, con un teleobiettivo.
Sempre in Lituania, ma più a nord, vicino alla città di Šiauliai, si trova la Collina delle Croci, in lituano Kryžių Kalnas, una piccola altura interamente ricoperta da croci e crocifissi di ogni genere e dimensione.
Qui non ci si sente a disagio a fare il turista: per quanto vi siano molte persone che vengono con un fine religioso (ognuna di queste croci è, in un certo senso, una preghiera), l’accumulo crea una sorta di estraniazione, e fotografando i crocifissi non si viola nessuna sacralità.
Che cosa è, di preciso, la Collina delle Croci?
Un luogo di culto, ovviamente, e ignorare l’aspetto religioso significa non comprendere il senso della collina, ma è una mutilazione tutto sommato trascurabile, per il fine di questa riflessione: provare a descrivere la Collina delle Croci come un luogo, in una qualche misura, artistico.
Lasciamo dunque perdere la preghiera, dimentichiamoci, per un attimo, del sacrificio di Cristo sulla croce e della sua importanza per la nostra salvezza, dimentichiamoci anche le vicende storiche, politiche e sociali immancabilmente legate alla religione e guardiamo la Collina delle Croci per quello che non è: una opera d’arte.
Non è una opera spontanea, non è il gesto cieco e istintivo di una mente che cerca di essere non concettuale, ma non è neppure un fenomeno naturale o il frutto di un disegno o di una intenzionalità. Non c’è un progetto, e le singole croci sono autonome: ognuna è arrivata lì per i suoi motivi, ogni croce ha la sua storia. Alcuni crocifissi sono molto particolari e belli, ma non è necessario che lo siano: ad essere caratteristico è l’accumulo, la massa enorme di croci di ogni tipo e dimensione. Non c’è autore, neppure collettivo, appunto perché il singolo contributo è indipendente dal disegno: una croce non viene aggiunta perché c’è la Collina delle Croci, ma per altri motivi legati al culto.
È impensabile congelare la Collina delle Croci, affermare «è finita, non aggiungete più nulla». La Collina è anche la possibilità di aggiungere croci, tanto che visitarla senza lasciare un crocifisso ti fa sentire una specie di ladro.
Se è teoricamente possibile ammirare la Madonna della Porta dell’Alba lasciando da parte gli aspetti religiosi, per la Collina delle Croci tutto ciò non è possibile: ci si confina in una serie di aporie veramente disorientante. D’altra parte, come nel primo caso il contesto di fatto impedisce di ammirare la Madonna come un’opera d’arte, qui il contesto ti invita a visitare la Collina delle Croci come un turista.
In entrambi i casi due esperienze difficilmente catalogabili: estetiche o religiose?