Il servizio sanitario nazionale della Scozia si è accorto che le lesbiche, i gay, i bisessuali e i transgender corrono un rischio significativo per la propria salute fisica, psicologica ed emotiva. Ne è nato LGBT Health Scotland.
Tra le varie pubblicazioni, sta suscitando un certo scalpore Good LGBT Practice in the NHS: questo documento contiene le linee guida per garantire alle persone LGBT un equo accesso alle risorse del sistema sanitario. Particolare attenzione è riservata al linguaggio: il testo raccomanda in più occasioni di non usare espressioni discriminatorie. Occorre creare un ambiente il più possibile aperto e accogliente.
Dal momento che vi sono molte famiglie omogenitoriali (il fenomeno non riguarda solo la Scozia), anche le parole “madre” e “padre” potrebbero risultare discriminatorie o imbarazzanti, e pertanto è meglio ricorrere ad altre espressioni:
Some children will have been born or adopted into heterosexual relationships before a parent had ‘come out’ and some are born into same-sex relationships or adopted by an LGB individual. Individual circumstances lead to varied family structures and parenting arrangements. It is important to be aware of this. When talking to children, consider using “parents”, “carers” or “guardians” rather than “mother” or “father”.
Lo stesso, banalmente, vale per “marito” e “moglie”.
Giorgio Israel ha commentato così la notizia:
Ci sarebbe da ridere per questa escalation di imbecillità del politicamente corretto, se non si trattasse di qualcosa che ormai attenta direttamente alle libertà personali.
Propongo che il Family Day previsto per il 12 maggio venga denominato “Family Day of Mom and Dad”, ovvero “Giorno della famiglia di mamma e papà”. Sarà uno stimolo ulteriore a parteciparvi.
Il servizio sanitario nazionale della Scozia presenta un modello di tolleranza e rispetto. Forse il modello è sbagliato, estremo, ma è un modello: vi sono alcune persone che si possono offendere e si cerca di evitare tutto questo. È interessante notare che, per quanto riguarda le parole “mother” e “father”, il documento dica esplicitamente “When talking to children”, parlando ai bambini.
Giorgio Israel, invece, propone uno stereotipo: le famiglie di mamma e papà.
Le coppie senza figli non sono una famiglia, anche se quei figli, magari, li hanno disperatamente cercati. Un genitore rimasto vedovo non è una famiglia.
Quale è l’attentato alle libertà personali: il modello aperto e rispettoso, magari eccessivamente, o lo stereotipo chiuso e escludente?
Io direi, più semplicemente e terzisticamente, che è un modello un po’ idiota, come tutti i modelli politicamente corretti. Un po’ di sano buonsenso è un modello migliore.
Sono d’accordo, però io sono un non credente: ho smesso di credere nel buon senso da molto tempo…
cito questa frase chi mi ha anticipato il pensiaro:
Ci sarebbe da ridere per questa escalation di imbecillità del politicamente corretto, se non si trattasse di qualcosa che ormai attenta direttamente alle libertà personali.
Propongo che il Family Day previsto per il 12 maggio venga denominato “Family Day of Mom and Dad”, ovvero “Giorno della famiglia di mamma e papà”. Sarà uno stimolo ulteriore a parteciparvi
sarò un fighetto io, ma nel modello scozzese non ci vedo niente di schifosamente politicamente corretto. vedo solo civiltà applicata.
sarò fighetto io
Guarda, nei paesi ma anche nelle periferie o nelle zone popolari “mamma”, “zia”, “nonno” vengono facilmente usati per indicare un parente, la signora del piano di sotto, la baby sitter, il genitore adottivo…
Solo nel vocabolario del ceto ( inellettuale, s’intende ) alto, una lingua che non parla nessuno, “mamma” e “papà” hanno un significato ristretto ed esclusivo… eh, ma cavoli loro!
Voler correggere a tavolino il linguaggio perché si pensa che anche gli altri parlino in modo spigoloso e quadrangolo come i Correttori Politici- ottima traduzione a senso di politically correct – è un po’ miope.
Eppoi appunto: “parlando ai bambini”! Io a 4 anni non capivo bene il mio cognome e pensavo che fosse un appellativo scherzoso che mi dava mia madre, e ogni persona anziana era una “nonna”…
Comprendevo benissimo che più di 1 madre mio padre e mio padre non avevano, ma “mamma”, “papà”, “nonna” hanno un significato fisico, concreto, relazionale… Vuoi che un bambino capisca un concetto così artificioso, genealogico, e burocratico come “genitore” o “carer”?
Non mi pare tanto una delicatezza verso i bambini. Piuttosto ricorda quei genitori tonti che interrompono i giochi dei figli, trovandoli “sbagliati”.
Il bimbo dice di essere un pirata che vola, e la madre preoccupata gli spiega a) che i pirati non sono figure positive b) che non si devono risolvere i problemi con la violenza e c) che la biologia umana non permette di volare.
Il bambino guarda il genitore un po’ intimorito e un po’ con aria di pietà…
ciao Ivo!
CentroLaila: vabbè, qualcosa di più, una aggiunta, una postilla, un corollario?
Yoshi: Il limite del politicamente corretto è l’ipocrita e il nominalista, il pretendere che il problema sia solo di parole e non di fatti. Da quel che ho letto, non mi sembrano cose che si applicano alla decisione scozzese.
eno: concordo con la miopia dei Correttori Politici e con la descrizione dell’uso di padre e madre (ma vale anche per l’inglese, o father è solo il padre?). Penso però ad altre situazioni nelle quali una maggiore attenzione alle parole, e in definitiva alle persone, gioverebbe. È la singola situazione ad avere importanza. Non mi sembra che siano degli ordini tassativi e assoluti, non è lo newspeak di Orwell che bandisce le parole proibite: io l’ho letta come una raccomandazione, un invito a prendere in considerazione anche questo aspetto.
Ritorno al discorso di farfintadiesseresani: il buon senso dovrebbe essere sufficiente e persino migliore. Ma siamo sicuri che sia così diffuso? Il lume naturale mi sembra essere a corto di petrolio…