L’occhio ama giocare con le nubi e con le loro forme. Soffermando lo sguardo qualche secondo, è possibile scoprire strani e familiari aspetti: una nave, uno stivale, l’Irlanda, un angelo, il volto di un amico o di un parente. L’autore di queste eteree sculture è ovviamente lo sguardo, che appunto gioca con le masse di vapore acqueo: sappiamo bene che non vi è alcun demiurgo celeste che si diverte a scolpire le nuvole. L’unico lavoro è quello compiuto dalla nostra immaginazione: è infatti sufficiente distrarsi un attimo, o fissare il cielo da un altro punto di vista, e tutto svanisce: le nuvole sono forme stupide, casuali, talmente vuote di contenuto da essere in grado di accogliere qualsiasi aspetto.
Se le nubi sono essenzialmente prive di forma, lo stesso non si può dire per tutte le altre cose che ci circondano: ognuna di esse ha un aspetto, una forma, che resiste allo sguardo umano e si mostra per quello che è.
Alcuni di questi aspetti si possono agevolmente definire intelligenti, ossia vi è la possibilità di rintracciare un progetto, un disegno che tende ad un fine che va oltre l’aspetto iniziale. Una montagna è priva di questo aspetto intelligente; un sentiero, sia esso tracciato da un uomo o da un animale, ha invece questo aspetto intelligente, è possibile vedere che il sentiero è tracciato per qualcosa di diverso dal sentiero stesso.
Questo aspetto intelligente delle forme costituisce un buon criterio per distinguere l’animato dall’inanimato, la vita dalla non vita, il naturale dall’artificiale: le forme intelligenti richiedono qualcosa di vivo (sia esso vegetale, animale o razionale) che le modelli, che le disegni.
Una foglia è viva, è il prodotto di un essere vivente; lo stesso (in forme diverse) si può dire di un nido di uccelli, della tana di un coniglio o della diga di un castoro: sono segni di vita; difficilmente è possibile scambiarli per semplici oggetti inanimati, come i sassi, la cui forma è appunto stupida, senza intelligenza.
Eppure questa dicotomia tra animato e inanimato, che più o meno consciamente guida il nostro mondo visivo, è, come tutte le dicotomie, destinata al fallimento: può capitare di imbattersi in oggetti, se così si può dire, “artificialmente naturali”.
La Repubblica Ceca ospita uno di questi misteriosi e inquietanti oggetti, presso il parco naturale České Švýcarsko, situato nel nord del paese, a circa 100 km da Praga.
Alcune rocce di basalto hanno assunto una forma decisamente insolita: delle colonne pentagonali ed esagonali alte 12 metri e spesse dai 20 ai 40 centimetri.
Il gruppo di rocce è chiamato organo, ed in effetti ha proprio l’aspetto di un organo, come si può vedere dalla prima foto.
Le colonne si saldano tra di loro in maniera praticamente perfetta (vedi seconda fotografia), tanto da dare l’impressione di un insieme di piastrelle posizionate ad arte.
Per quanto ci si possa sforzare, non si riescono a trovare termini diversi per descrivere queste rocce: colonne, organo, piastrelle. Tutti oggetti umani, intelligenti, vivi. Eppure qui si è di fronte a delle semplici rocce, formatesi guidate dal caso.
È questo cortocircuito tra il vedere un disegno realizzato e il sapere che non c’è alcun disegnatore a ricordarci, nel caso ce lo fossimo dimenticato, che le cose non sono mai così semplici come si è portati a credere e a vedere: ci sono più cose in cielo e in terra non solo rispetto alla nostra filosofia ma anche rispetto ai nostri occhi.