Ho per le mani un simpatico libercolo intitolato Lupo Alberto e l’officina delle erbe (Aboca edizioni, 2009).
Aboca è un’azienda specializzata in prodotti derivati da piante medicinali, e il piacevole racconto a fumetti ha lo scopo di pubblicizzare questi prodotti.
Lettura interessante per vedere un po’ quali possono essere i limiti del vago concetto di naturale.
Le piante medicinali vengono coltivate, perché, come spiega Artemio il tasso, «la natura insegna ma noi possiamo sempre imparare rubandole i segreti della coltivazione». Coltivazione rigorosamente naturale, come spiega Frizzo lo scoiattolo agronomo:
[N]iente fertilizzanti chimici e pesticidi nella terra: la natura ce la può fare benissimo da sola! […] Poi si usano soltanto metodi biologici, per non aggredire l’ambiente. E, per finire, niente OGM, sì insomma niente carciofi che volano o fragole grandi come mongolfiere…
Piante e fiori, ovviamente, non si possono mangiare interi. Occorre trasformarli. Come? È ancora Artemio a spiegarlo:
Bisogna prima raccoglierle, è ovvio, e poi bisogna estrarne le sostanze benefiche con acqua e alcol ottenendo un liquido concentrato da liofilizzare.
Fertilizzanti chimici, pesticidi e organismi geneticamente modificati non sono naturali. La coltivazione, l’estrazione delle sostanze tramite acqua o alcol e la liofilizzazione sono invece naturali o comunque non annullano ciò che c’è di naturale nelle piante medicinali.
Ciò sembra confermare un mio vecchio sospetto: naturale è ciò a cui siamo abituati.
Nel complesso, il libercolo mi è piaciuto: ha il pregio della sincerità. Non nasconde il trattamento che subiscono queste piante medicinali, e alla fine viene pure disegnata una macchina per l’inscatolamento!
Molto meglio di un manifesto per le elezioni europee nel quale mi imbatto quasi tutti i giorni:
Biologica, convenzionale, geneticamente modificata. Perfettamente uguali.
Se per sincerità intendi far credere che OGM voglia dire “carciofi che volano o fragole grandi come mongolfiere”… evidentemente la pensiamo in maniera differente! 😉
Sono dell’idea che tutti coloro che vogliono far passare (seppur tacitamente) la falsa, idiota, trita e ritrita equazione “Naturale = Buono” e “Non-Naturale* = No Buono”, dovrebbero essere incriminati per truffa, sarò troppo duro.. ma non sopporto chi guadagna sull’ignoranza della gente.
*O un altro termine equivalente (ce ne sono molti, e tutti senza alcun senso)
@FilosofoPortatile: Caro filosofo portatile, devi ripassarti i fondamenti 😉
Aurelio Agostino, De mendacio: sincero non è colui che dice la verità, ma colui che è convinto di dirla.
Dunque basta essere in buona fede? 🙂
L’ignoranza (di chi mente) è una colpa, non una scusa per non essere sinceri! 🙂
Per quanto riguarda i fondamenti… non ce li ho, in filosofia mi fermo alla lettura delle lettere di Epicuro, di brani del De Rerum Natura di Lucrezio e uno studio (a livello di liceo scientifico) di Schopenhauer e Nietzsche (che derivino da qui la perdita della fede e l’avversione alla Chiesa? 😉 )… mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa.
@FilosofoPortatile: Per non mentire ed essere sinceri basta la buona fede. Per dire cose pertinenti, ovviamente, non basta la buona fede: bisogna anche studiare!
La lode della sincerità, in ogni caso, era riferita al fatto che presentano in maniera abbastanza fedele il processo di produzione, compresa l’estrazione tramite alcol, la liofilizzazione, la preparazione e l’inscatolamento. In altri opuscoli sembra che si passi come per magia dalla pianta (colta nel prato fiorito, visto che non si fa riferimento alla coltivazione) al prodotto finale.
Sui fondamenti: c’è sempre tempo, per rimediare!
L’equazione naturale=buono è così vecchia! Per certi versi, corrisponde al tipico “ai miei tempi..” seguito da un elenco di rimpianti: i polli erano più saporiti, gli amici più sinceri ecc.
In altri termini, nell’idea di naturalità esiste un rimpianto, un vago mitico ricordo per una età dell’oro, una sorta di senso di colpa dovuto alla cattiveria degli uomini, alla manipolazione dell’ambiente e delle abitudini di precedenti generazioni. Per noi,cambiare quel mondo così inospitale (troppo freddo o troppo caldo, i feroci predatori, la fame e la malattia)è stata una perdita ed una colpa; qualcosa insomma sul genere del giardino dell’Eden, perduto perchè volevamo conoscere troppo, e farci simili a Dio..
@rick’s: Indubbiamente il rimpianto per i bei tempi andati e gli aspetti mistici della tracotanza dell’uomo sono collegati al concetto di naturale. Credo comunque che ci siano versioni moderne, che amano il naturale senza per questo volere l’età dell’oro.