Nell’universo

L’uomo è un animale sociale: trascorre la sua vita in stretto contatto con altri individui.
La convivenza non sempre è pacifica e quasi mai priva è di problemi: quando le cose vanno bene si discute, quando vanno male si litiga, quando vanno molto male si combatte e quando vanno malissimo ci si ritrova soli, perché l’altro è stato eliminato.
La scala di valore qui proposta non è chiaramente vincolante: è perfettamente lecito preferire, anche solo in certe situazioni, la guerra ai dibattiti.
Credo tuttavia che anche i più agguerriti nemici delle discussioni avvertano la necessità di comunicare e di capirsi, fosse anche solo per organizzare i piani di battaglia con gli alleati.

L’uomo è, oltre ad un animale sociale, anche un animale linguistico. Questi due fatti sono legati tra loro: l’uomo è linguistico in quanto sociale, ed è sociale nonostante sia linguistico: l’uomo parla (anche) per comunicare, ma non sempre vi riesce.
Ecco dunque sorgere all’orizzonte il linguaggio universale: sorta di miracoloso farmaco in grado di risolvere tutti i problemi di comunicazione. Se riuscissimo a scoprirlo, o inventarlo, niente più sterili discussioni, niente più litigi, combattimenti e guerre!

Con il linguaggio universale è impossibile il fraintendimento, perché il linguaggio corrisponderebbe al mondo, le parole alle cose in maniera perfetta. Ma noi forse parliamo solo del mondo, delle cose che abbiamo più o meno davanti agli occhi? No, e allora un simile linguaggio universale sarebbe inutile: ad avere importanza è la fitta ragnatela di relazioni e legami che c’è nel mondo e tra noi e il mondo, e non si può avere una immagine fedele e perfetta di questa ragnatela.
Abbandonata la ricerca del linguaggio universale tra le pieghe della corrispondenza tra parole e cose, non resta che proseguire guardando l’uomo. Qui qualche cosa si trova: una via d’accesso all’interiorità, alla spiritualità. La musica è un linguaggio universale, viene compresa da tutti quelli che la ascoltano. Ma il problema appunto questo: tutti quelli che la ascoltano: l’universalità decade se qualcuno, per cultura, tradizione o abitudine, non ascolta la musica, o la ascolta quando altri preferiscono il silenzio.
E poi, anche ammesso che una sinfonia sia universale, le possibilità espressive non sono illimitate: già un concetto tutto sommato semplice come “ho sete” è difficile tradurlo in musica!

L’universo è grande. Sperare in un linguaggio talmente vasto da risultare ovunque valido e ovunque comprensibile è, purtroppo, una illusione.
Per continuare a discutere senza litigare, non resta che affidarsi alla ragionevolezza.

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