Una tecnologia, per essere largamente diffusa, deve essere leggera, di facile utilizzo. Meglio ancora se è trasparente, ossia se l’utente non si accorge nemmeno di utilizzarla.
Una tecnologia pesante, ossia di difficile utilizzo, non potrà mai avere larga diffusione: rimarrà un affare per tecnici, per gente che studiato il funzionamento di quella tecnologia.
Il mondo dell’informatica fornisce ottimi esempi di questo principio. Collegare una stampante ad un computer e configurare quest’ultimo affinché riesca a gestirla era, fino a una decina di anni fa, una operazione abbastanza complicata, una tecnologia pesante; da alcuni anni è diventata una operazione relativamente semplice, tecnologia leggera; attualmente, perlomeno in alcuni casi, è sufficiente collegare la stampante al computer e si è subito in grado di stampare: tecnologia trasparente.
Umberto Eco, in un discorso pronunciato a Roma nel 2002 e oggi pubblicata nel suo A passo di gambero (Scienza, tecnologia e magia), evidenzia alcune analogie tra la tecnologia trasparente o comunque leggera e la magia. Ovviamente non sono gli ingegneri a credersi moderni seguaci di Zoroastro: le analogie descritte da Eco sono limitate al punto di vista dell’utente, al quale sfugge l’origine e il metodo della tecnologia.
Per un utente comune il computer funziona in maniera misteriosa, e si affida ai programmatori con lo stesso spirito con cui, secoli prima, la gente si affidava ai maghi e agli stregoni: il legame tra azione e risultato non è più quello scientifico tra causa e conseguenza, bensì quello magico e misterioso del rito soprannaturale.
È l’affermazione della cultura antiscientifica della tecnica, purtroppo simile alla cultura prescientifica della magia: i risultati devono essere immediati, istantanei, ignorando l’importanza del lavoro di ricerca scientifica, dei continui tentativi ed errori.
La contrapposizione tra scienza e tecnica tratteggiata da Eco è forse esagerata per necessità espositiva, ma comunque coglie nel segno: lo scienziato cerca spiegazioni per domani, l’ingegnere cerca soluzioni per oggi. Il problema non sembra comunque riguardare il lavoro dello scienziato o quello dell’ingegnere, bensì la percezione di questo lavoro da parte del grosso pubblico.
E su questo tema occorre evidenziare la differenza tra ignorare l’esistenza di un processo ed ignorarne i dettagli. La macchina fotografica digitale non è magica perché l’utente ignora il funzionamento dei sensori, perché lo stesso si potrebbe dire delle reazioni chimiche che avvengono nella pellicole fotografica delle macchine fotografiche tradizionali. È in realtà una questione di atteggiamento, di come ci si accosta all’ignoto.
Inoltre occorre tenere presente che la tecnica, come la scienza, procede per tentativi ed errori.
Gli errori di sistema dei computer ne sono la prova, ed evidenziano come i computer non siano magici.