Lei: Ho deciso di morire.
Lui – arrabbiato: Ma cosa diavolo stai dicendo?
Lei: Ti prego, stai calmo.
Lui – sempre più arrabbiato: Stare calmo? Vieni qui e con un sorriso idiota mi dici “ho deciso di morire” e pretendi che io stia calmo?
Lei: Non pretendo nulla: ti chiedo solo di ascoltarmi.
Lui: Sono disposta ad ascoltarti, ma solo se dici cose intelligenti. E i discorsi vaneggianti di quei cretini dei tuoi amici che sproloquiano a proposito di ciclo vitale, rigenerazione, eventi naturali eccetera non sono intelligenti: sono stronzate, idee del cavolo che adesso è di moda seguire. E tu, come una deficiente, decidi di morire! Per cosa, poi? Perché lo fanno tutti i tuoi amici? Perché è figo?
Lei: Ti prego, calmati. Non è una moda. È da un po’ di tempo che ci sto riflettendo, da sola: i miei amici non c’entrano nulla. Tu sei la prima persona a cui lo dico.
Lui – inizia a calmarsi: La prima?
Lei: Sei la prima persona a cui comunico la mia intenzione di morire.
Lui: …
Lei: …
Lui: Quando avresti deciso… cioè, per quanto… insomma, tra quanto tempo pensi di morire?
Lei: Settanta anni.
Lui: Settanta anni? Così presto?
Lei: Sì.
Lui: Ma sei sicura? Settanta anni sono pochissimo tempo… giusto il tempo di salutare gli amici, e poi…
Lei: Settanta anni sono sufficienti. Anzi: sono un sacco di tempo. Moltissime persone importanti sono vissute meno di settanta anni.
Lui: Ma tu parli dei tempi antichi.
Lei: Sì, lo so, parlo dei tempi antichi. Prima che la medicina riuscisse a rendere i nostri corpi immortali.
Lui: Non mi dire che sei diventato una nostalgica, una che preferiva ammalarsi, dover lavorare otto ore al giorno per guadagnarsi da vivere, assistere all’invecchiamento e alla morte dei propri cari…
Lei: Non è questione di nostalgia. Non voglio convincere tutti quelli che conosco a seguirmi, a fare come me. Sono convinta che la nostra sia una grande epoca, e non esito a definire progressi i risultati raggiunti: la cura delle malattie, la fine della povertà, tutta la tecnologia che ci circonda… ripeto, la nostra è una grande epoca.
Lui: Però hai deciso di lasciarti morire.
Lei: Sì.
Lui – urlando: Perché?
Lei: Ti prego, calmati.
Lui – si ricompone: Perché?
Lei: Quando è stata l’ultima volta che uno scienziato ha ricevuto un premio Nobel?
Lui: Un premio Nobel? Non ricordo con precisione. Credo sia accaduto venti anni fa.
Lei: Ventuno anni fa, e lo vinse un fisico. I chimici non ne ricevono uno trentadue, e i medici da trentasei. L’ultima medaglia Fields, invece, venne assegnata solo quattordini anni fa, ma quella precedente venne assegnata ben cinquantasei anni prima.
Lui: Non capisco cosa ci sia di strano: sono tempi normali. Mica si possono fare grosse scoperte tutti i giorni!
Lei: Un tempo i premi Nobel venivano assegnati ogni anno, e la medaglia Fields ogni quattro e, oltretutto, solo a matematici con meno di quaranta anni.
Lui: Continuo a non capire.
Lei: L’immortalità ha rallentato il nostro mondo, anzi: lo ha quasi fermato. La ricerca scientifica procede a rilento, e lo stesso vale per la letteratura. Vengono pubblicati appena una decina di nuovi libri all’anno. È pochissimo.
Lui: Vi è una maggiore cura, una maggiore attenzione. La ricerca scientifica procede con più cautela, verifica per bene i risultati…
Lei: Quali risultati? Sono secoli che viene scoperto nulla di radicalmente nuovo. Non vi sono più rivoluzioni.
Lui: Rivoluzioni? Intendi le rivolte che sistematicamente sconquassavano i tempi antichi?
Lei: No, intendo nuovi modi di pensare. Nei tempi antichi ogni tanto arrivava una persona con nuove idee, con nuovi metodi. Persona che si mettevano a fare cose diverse, che nessuno, prima, aveva fatto. Oggi questo non avviene più: noi abbiamo gli stessi schemi mentali che c’erano secoli fa.
Lui: Si vede che quello che facciamo è buono così com’è, e non c’è bisogno di nessuna rivoluzione.
Lei: Non si è mai avvertito il bisogno di una rivoluzione.
Lui: Ma tutto questo cosa c’entra con la tua morte? Non vedo perché la tua morte dovrebbe spingere le persone a cercare nuove idee!
Lei: Non la mia morte, ma la vita che da me nascerà.
Lui: Cosa? Vuoi fare un… un… un…
Lei: Un figlio. O una figlia.
Lui: Ma tu sei completamente pazza!
Lei: È una ipotesi. Ma il mondo ha bisogno di pazzi.
Lui: Il mondo ha bisogno di persone sane di mente.
Lei: No: ha bisogno di pazzi, di eretici, di gente che propone idee nuove, originali, insolite.
Lui: …
Lei: …
Lui: Tu sei pazza.
Lei: Lo hai già detto.
Lui: …
Lei: …
Lui: Perché un figlio?
Lei: Perché un figlio inizia da zero. Deve imparare tutto.
Lui: E questo sarebbe un vantaggio?
Lei: Sì, un enorme vantaggio. Noi siamo abituati al mondo, talmente abituati che ci è impossibile anche solo pensarlo, figurati metterlo in discussione. Un figlio, invece, guarderà tutto con occhi nuovi: per lui non ci sarà nulla di scontato, si porrà delle domande per noi impensabili.
Lui: Va bene, ho capito. Fai pure un figlio. Anzi, fanne due o tre, come nei tempi antichi, ma non morire! Non morire!
Lei: Il nuovo non deve semplicemente affiancarsi al vecchio, ma lo deve sostituire. E poi, non vi sono obiettivi senza una scadenza.
Lui: …
Lei: …
Lui: C’è una cosa che non capisco.
Lei: Dimmi.
Lui: Perché mi hai detto tutto questo? Non hai bisogno della mia autorizzazione, e io non posso fare nulla per impedire questo tuo folle progetto.
Lei: Voglio che sia tu il padre di mio figlio.
Lui: Io?
Lei: Sì.
Lui: …
Lei: …
Lui: Tu sei pazza!
Lei: È la terza volta che lo ripeti: inizio a prenderlo per un complimento. Accetti?
Lui – esita qualche secondo: Accetto.
Lei: Grazie.
Lui: Ma tu sei comunque pazza.
Lei: L’hai già detto.
Lui: Avere un figlio e morire: che assurdità!
mi ricorda quel passaggio di severino quando dice che anche una volta raggiunta l’immortalità grazie al progresso tecnologico all’uomo rimarrà comunque un tarlo
sì però…se va tutto benissimo e nessuno muore più e tutti sono felici…perchè c’è bisogno di rivoluzioni, premi nobel e figli?
in quel tempo ipotetico e impossibile gli uomini saranno “arrivati” e potranno passare il loro tempo a bere cedrata tassoni disquisendo del volo degli aquiloni, dov’è il problema?
o forse tu pensi come l’intelligenza artificiale di matrix che gli uomini non siano programmati per la felicità? 🙂
L’immortalità non dà la felicità. Per questo è un bene accettare la morte, e non sperare di “sopravvivere” in una forma o nell’altra, a tutti costi.
La scienza medica, a mio avviso, più che proloungare ulteriormente la vita dovrebbe preoccuparsi di renderla meno dolorosa.
Una volta, dialogando su analoghi argomenti con un altro blogger, si disse: “va’ be’, immortali, e dopo che si fa? pensa che noia; condannati a una noia immortale.”
Vuol dire che troveremo un pianetucolo disperso tra le Porte di Orione, prenderemo un po’ di fango, plasmeremo un pupazzo, ci soffieremo sopra … e poi ci metteremo in disparte a vedere cosa succede. Soap-opera per immortali: ecco il senso del mondo. (Ogni riferimento a Dan Simmons è puramente casuale).
Qui c’è un racconto sul tema, piuttosto originale.
formamentis: non so se parlare di “tarlo”, però certo non di sola immortalità vive l’uomo 😉
Yoshi: Se mi dici di rinunciare alle 40 ore di lavoro alla settimana e alle malattie, non sono scemo: ci rinuncio più che volentieri. Se mi lasci solo la cedrata e il volo degli aquiloni… beh, mi piacerebbe di meglio, e penso che, mentre da un punto di vista sociale ci sia un obiettivo finale, dal punto di vista conoscitivo no, si può sempre conoscere qualcosa in più.
Kirbmarc: Già, l’immortalità non da la felicità. Però non è che la mortalità…
Lector in fabula: La versione beautiful di Matrix!
Giuseppe: Ci darò una occhiata al più presto!
io lo trovo di una ironia agghiacciante 😉
magari mi sono inventato il significato… però mi ha colpito notevolmente…
Bel dialogo.
Seppur l’uomo disporrà dell’immortalità penso che i motivi per volere morire (anche solo per fare lo snob) non mancheranno. Per esenpio, chi non vorrebbe farla finita se accendendo la televisione (il computer? il chip cerebrale?) si vedesse presentare la 718esima edizione del Grande Fratello?
“Già, l’immortalità non da la felicità. Però non è che la mortalità…”
Come dire “I soldi non danno la felicità, ma figuriamoci la miseria”.
In realtà, la felicità è solo fatta di momenti passeggeri, la felicità perpetua è una chimera.
A meno che non ci si imbottisca di dopamina, ovvio…
In più morire è una peculiarità degli esseri umani, come scopre l’uomo bicentenario nel racconto di Asimov
Bello. Ci si potrebbe tirare fuori un seminario: I diritti degli immortali.
Bello questo post. A me piacerebbe l’immortalità, potrei conoscere tante cose, basta mantenere la curiosità del bambino. Potrei sviluppare una saggezza tale da non annoiarmi mai e magari arrivare alla felicità.
Comunque non bevo cedrate e detesto gli aquiloni! 🙂
Riccardo: Io non ho pensato a un significato di questa storiella, non è che c’è una morale come nelle favole. O, meglio, ce ne sono parecchie e tutte valide. Come nelle favole.
Marcoz: Grazie! Quanto la Grande Fratello 718, a me sembrava motivo di suicidio già il secondo…
Kirbmarc: Proverò la dopamina e ti dirò… 🙂
ferrigno: E beh, ma se mi citi Asimov mi vengono i complessi di inferiorità! 😉
AndreaR: i diritti deli immortali…
Un aspetto al quale non avevo pensato, è che una medicina che riesca a donare l’immortalità senza però ricorrere a interventi particolarmente intrusivi, come modifiche al genoma umano o trapianti di cervello, metterebbe in crisi chi pensa nei termini di “fine naturale della vita”. Se l’immortalità, che è innaturale, viene da operazioni banali come l’asportazione delle tonsille, che non sono certo innaturale accanimento terapeutico, cosa succede?
Emmyfinegold: Sono sicuro che, con l’immortalità, inizieresti a bere anche la cedrata e a interessarti agli aquiloni!
L’immortalità, intesa come possibilità di vivere “ad libitum” sarebbe una grande cosa, ma deve essere equilibrata da un corrispettivo incremento cerebrale. Vivere trecento anni ma con una mente “collassata” non è così simpatico come sembra. Ma in realtà un metodo per non andare in tilt a causa del sovraccarico di informazioni è già in progetto, e mi ricordo in fatti un articolo di qualche tempo fa
http://www.corriere.it/Rubriche/Salute/Medicina/2007/06_Giugno/04/memoria_artificiale.shtml
Infine, ricordi passati rievocano gli Elfi tolkieniani che, seppur immortali, morivano a volte dal dolore. Per non parlare degli immortali di Swift il quale cercava proprio, con i mezzi che aveva, di sfatare l’idea che campare per sempre costituisse un vantaggio in maniera totale.
Vaaaaaabbè. Tutto questo per dire: bel dialogo. Ciao
Sono d’accordo Vaal non siamo ancora abbastanza intelligenti, siamo primitivi, anche quelli tra noi più intelligenti, figuriamoci il resto. Se ci fosse ora l’immortalità scoppierebbe una guerra nucleare mondiale come minimo e saremmo tutti annientati come degli allocchi. Però è interessante che se ne cominci a parlare come possibile sviluppo biotecnologico. L’immortalità mi suona ancora molto lontano se non impossibile viste le leggi fisiche e biologiche, ma sicuramente un prolungamento della vita di molti decenni è quasi certo.
Ivo Silvestro meglio un bicchiere di vino rosso è più salutare e più raffinato! 🙂
Vaaal: è vero, non siamo pronti per l’immortalità. Ma, siamo onesti, non siamo neppure pronti per molte delle cose che già facciamo e abbiamo già inventato la memoria artificiale: si chiama scrittura! (per non parlare di internet…)
Emmyfinegold: Sul bicchiere di vino sono d’accordo, e pure su tutto il resto…