Le macchine elettriche stanno diventando “per tutti” e in molti sono entusiasti, di questa piccola rivoluzione della mobilità che, se ci aggiungiamo le macchine a guida autonoma, diventa una grande rivoluzione.
Non io. O meglio: posso anche essere felice per la scomparsa dei motori a scoppio con il loro baccano e le loro emissioni (del resto, se si chiamano “motori a scoppio” un motivo ci sarà). E essendo uno dei rari esemplari di H. sapiens maschio a cui non piace guidare, pure l’idea di salire in auto, dire “portami a casa” e mettermi a leggere un libro la trovo molto allettante, visto soprattutto che l’alternativa prevede di dover tenere gli occhi fissi su una striscia di asfalto non particolarmente interessante.
Il problema è che l’auto elettrica riduce — neanche risolve: riduce — uno dei problemi della mobilità automobilistica, distogliendo l’attenzione dagli altri.
Non abbiamo emissioni in centro città, ed è certamente un bene. Le abbiamo però dove stanno le centrali elettriche, e le abbiamo avute dove è stata prodotta la batteria. Certo, il saldo è molto probabilmente negativo — anche perché nel computo bisogna pure tenere conto l’impatto ambientale di raffinerie e benzinai —, per cui anche tenendo conto di questo inquinamento nascosto un’auto elettrica è più pulita di una a benzina. In giro si trovano cartine che mostrano anche di quanto, a seconda dell’approvvigionamento energetico dei vari Paesi. Un vantaggio c’è, ma è relativo e già li vedo, i fanatici dell’auto elettrica, atteggiarsi a salvatori del pianeta solo perché inquinano un po’ meno e da un’altra parte.
Ma c’è un altro grosso problema. E “grosso” non è un termine usato tanto per dire, perché mi riferisco alla dimensione delle auto. Sono grandi. E ingombranti, perché non le puoi impilare nei posteggi come fai coi libri in libreria, devi lasciare un po’ di spazio per aprire le portiere e per fare manovra. Ogni auto occupa quanto un monolocale. E lo occupa per molto tempo perché, in media, quanto tempo usiamo un’auto? Non ho dati sotto mano, ma dubito si superino le due-tre ore al giorno. Visto che di ore in un giorno ce ne sono ventiquattro, vuol dire che, quando le usiamo tanto, le automobili sono mobili per circa un decimo del tempo. Dovremmo chiamarle autostatiche.
Non che quando si spostano occupino meno spazio. Tenendo conto di un ragionevole spazio di frenata, un’auto che viaggia a trenta chilometri orari (circa 8 metri al secondo) ha bisogno di 15 metri di strada; più la lunghezza della macchina, ovviamente. Se da posteggiata è un monolocale, in movimento ingombra almeno quanto un bilocale.1
Uno spreco di spazio enorme, se confrontato con altri mezzi di trasporto come bus o treni che certo sono più grandi, ma trasportano molte più persone (anche ammettendo di avere auto con quattro-cinque passeggeri, una rarità) e in ogni caso vengo utilizzati più a lungo.
Spazio sottratto a tutti noi, a meno che qualcuno non apprezzi starsene fermo in un posteggio o in mezzo a una strada.
Se pensate che le auto elettriche possano almeno risolvere il problema del posteggio, dal momento che — quando e se saranno in grado di andarsene in giro senza neanche umani a bordo — possono portarmi a destinazione e poi andarsene in un qualche posteggio in periferia, rendetevi conto che state praticamente raddoppiando il traffico sulle strade.2 E uccidendo il trasporto pubblico collettivo.
Ecco perché odio l’auto elettrica (e pure quella a guida autonoma): rende etico e responsabile l’utilizzo di un mezzo che, almeno per come lo usiamo adesso, è fondamentalmente stupido.
- La situazione migliorerebbe un po’ se, nei tragitti lunghi, le auto potessero agganciarsi insieme, come i vagoni di un treno. [↩]
- Rischiando anche di mandare a ramengo il discorso ecologista qui sopra: inquinare la metà a chilometro percorso ma fare il doppio di strada non mi pare un grande affare. [↩]
Ma vuoi mettere la libertà di movimento che consente un’auto privata? A me sembra che l’unico vantaggio del trasporto pubblico sia l’efficienza rispetto al traffico, tutto il resto mi sembra una forma di luddismo 🙂
Luddismo sarebbe proporre di tornare ai calessi trainati da cavalli! La mia idea è più che altro una adozione responsabile delle tecnologie, dove con responsabile intendo il non lasciarsi ammaliare dagli slogan tipo “non inquina”.
Il trasporto pubblico collettivo al momento ha anche il vantaggio che non devo concentrarmi sulla guida: sto scrivendo questo commento su un treno perché c’è il macchinista. L’auto a guida autonoma (quando e se permetterà di non avere neanche una sorveglianza umana) toglierà questo vantaggio lasciando effettivamente solo il traffico (e la velocità sui percorsi medio-lunghi). Il che, in certi momenti e in certi luoghi, non è poco.
Una ipotesi interessante potrebbe essere una via di mezzo: taxi collettivi a guida autonoma con pulmini da una decina di passeggeri. Ridurrebbero il traffico con un sacrificio minimo di autonomia (giusto qualche deviazione per ottimizzare il trasporto).
Sì, “luddismo” non era la parola giusta. E sono d’accordo sul fatto che il “non inquina” sia più una questione di immagine che di sostanza. Anche sul fatto che con i mezzi pubblici il tempo si possa riciclare mentre quello alla guida sia totalmente perso sfondi una porta aperta. Essenzialmente volevo sottolineare che già ora lo spazio occupato dalle auto e il suo sottoutilizzo sono delle pecche del mezzo, ma ripagate enormemente dalla libertà di movimento che consente un mezzo privato.