Propongo qui un piccolo esperimento mentale il cui scopo è saggiare i limiti di alcuni principi morali per metterli in discussione, non per criticarli o rifiutarli.
Il principio morale in discussione è quello dell’autodeterminazione, e pertanto quanto segue andrebbe commentato unicamente da chi riconosce la validità e l’importanza di questo principio in situazioni come quelle descritte; i sostenitori della sacralità della vita sono quindi pregati di non lasciare commenti dal momento che, nella loro visione del mondo, l’esperimento mentale in quanto tale non avrebbe senso.
John Stuart, nel pieno possesso delle proprie facoltà e perfettamente in grado di intendere e di volere, manifesta la propria volontà di non venire mantenuto artificialmente in vita in caso di gravi danni cerebrali, volontà vincolante in base alla legge vigente in questo esperimento mentale.
In seguito a un grave incidente, John Stuart si ritrova nella triste situazione di: a) dover ricorrere a un respiratore artificiale; b) avere enormi problemi cognitivi.
John Stuart non è in grado di intendere e di volere: riesce a malapena a formulare pochi e semplici pensieri di senso compiuto. Una cosa è comunque sicura: John Stuart non vuole smettere di vivere. Pur nelle limitazioni del respiratore artificiale e nella pochezza della sua vita mentale, John Stuart è felice.
Quale manifestazione di volontà è giusto che prevalga, qui: quella di John Stuart prima dell’incidente, che vorrebbe essere sedato e distaccato dal respiratore, oppure quella di John Stuart dopo l’incidente, che vuole invece continuare a vivere?
Si tenga presente che in seguito all’incidente John Stuart è stato dichiarato incapace di intendere e di volere, con tutte le conseguenze legali che ciò comporta, mentre prima dell’incidente John Stuart era perfettamente capace di intendere e di volere.
Un breve commento personale: il problema riguarda l’identità personale di John Stuart prima (John Stuart1) e dopo (John Stuart2) l’incidente.
Se John Stuart1 e John Stuart2 sono due persone diverse, mi sembra ovvio che debba prevalere la volontà della persona attualmente presente, quindi di John Stuart2.
Se viceversa John Stuart1 e John Stuart2 sono la stessa persona, allora si tratta di stabilire se la volontà manifestata dopo l’incidente possa sostituire la volontà manifestata prima dell’incidente e qui non riesco a dare una risposta definitiva.
“In dubio pro reo”. Deve prevalere la volontà di John Stuart 2; quella di John Stuart 1 può (pre)valere solo “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
Ma se gli sparassimo…
Gli esperimenti filosofici (non mentali) hanno tutto il mio sostegno, ma le premesse se non sono solide portano allo sfascio.
Del respiratore artificiale, nell’esperimento ne possiamo fare a meno (è indifferente), potrebbe essere una qualsiasi terapia salvavita (emofiltrazione, nutrizione forzata, o quel che vi pare) il punto saliente è il concetto di “enormi problemi cognitivi”. Ovvero ha problemi di rappresentazione del mondo o di se stesso? Chi ha giudicato che non voglia più l’interruzione di terapie se è stato interdetto? Se il JS2 non è più il JS1 chi lo ha stabilito? Ed in che modo?
Forse rispodere ad almeno metà di questi quesiti renderebbe l’esperimento più significativo.
P.S. A proposito qual’è lo scopo dell’esperimento?
Forse valutare il cinismo di chi legge (come me) il tuo blog?
Cattivissimi saluti
Secondo me la discriminante è la felicità. Dire che Mill (ops, John Stuart2) è felice significa che magari può “emettere” solo pochi e semplici pensieri, ma ha uno stato mentale che gli consente di essere paragonabile a John Stuart1. E quindi è la sua volontà che deve prevalere (a meno che non sia una felicità derivata dalla mancanza di stimoli e dalla difficoltà di elaborazione; insomma, più che felice è stupido). Lascialo lì, basta che i suoi parenti paghino. Non hanno soldi? Mi spiace, ma lo stato non è mica la mamma…
P. S. Perché non prende il tag sub? Volevo fare il figo.
Secondo me la soluzione è tenerlo in vita.
Se infatti J1 e J2 sono due persone diverse, è evidente che J2 deve essere tenuto in vita, dato che J1 è morto.
Se J1 e J2 sono la stessa persona, è altrettanto evidente che devi tenerlo in vita. Per quanto uno possa essere incapace di intendere e di volere, non può essere ritenuto incapace di esprimere una volontà rispetto al vivere o meno. (Altrimenti si sarebbe autorizzati a far strage di minorati mentali, affermando che la loro volontà non ha importanza).
Se, infine, la proposizione è indecidibile in principio, propongo di tenere in vita J2 perchè la morte è irreversibile, a differenza della vita. E quindi facendo morire JS togli a J2 definitivamente la possibilità, mentre facendolo vivere non togli a J1 la possibilità di morire.
Prevale la volontà di JS2.
D’altra parte, se ci fosse un JS3 che ha scritto di voler continuare a vivere anche se con gravi danni cerebrali e dopo qualche anno i danni gli vengono, diventa quindi un JS4 e con i barlumi di coscienza che gli restano chiede di morire, mica gli si può dire “ciccia ciccia, non puoi cambiare idea”!
@ .mau. In cosa può consistere la volontà di uno che (testualmente 5° capoverso)…
John Stuart non è in grado di intendere e di volere
Fare esperimenti filosofici è ganzo…. ma bisogna essere onesti se no non c’è gusto.
@il più cattivo: il quinto paragrafo dice anche “Una cosa è comunque sicura: John Stuart non vuole smettere di vivere.” Chi sono io per decidere per un altro?
Infatti questo esperimento mentale è una petizione di principio.
Se non è capace di intendere e di volere, come manifesta la propria “felicità”?
Forse non sarà più arguto come un tempo (deficit cognitivi), ma se riesce in qualche modo a manifestare la sua volontà (si dice che J vuole continuare a vivere) non vale più la condizione di “incapace di intendere e di volere).
Il propositore del presente esperimento mentale è rimandato al prossimo appello… 🙂
Io direi che è la stessa persona, ma che ha cambiato idea. Non è così strano: muta la situazione, muta il punto di vista sulla situazione, muta il giudizio. Spesso addirittura accade che la gente cambi idea senza che siano cambiate le condizioni al contorno.
@Hronir –> Grazie hai colto il senso….
ma…. non dovrei essere io il più Cattivo?
@.Mau. –> tornando alla “matematica” se si accetta il paradosso (non sei in grado di intendere e volere, ma sei in grado di garantire la tua felicità) il castello crolla.
@Galliolus –> Ehi ma stavamo parlando di esseri umani o di politici italiani?
Mi pare che il primo commento di .mau. abbia più o meno risolto la questione. Mi permetto di riformularlo in un modo leggermente diverso: se JS1 chiede di essere tenuto in vita in qualsiasi circostanza, e JS2 soffre pene profonde che superano sostanzialmente ogni suo residuo piacere, è difficile sottrarsi alla conclusione che JS2 vada soppresso, contro la volontà di JS1. Ma allora non si vede perché nella situazione opposta non vada ancora data la priorità agli interessi di JS2.
Questa identica questione è stata affrontata da Ronald Dworkin in Life’s Dominion (pp. 226-37). È interessante che Dworkin arriva alla conclusione che JS2 va ucciso, in base alla propria concezione della sacralità intrinseca della vita…
per me il problema non esiste, perchè se JS2 riesce a trasmettere la sua volontà di continuare a vivere, annulla quanto aveva chiesto nella condizione di JS1, essendo dirimente quanto uno esprime nel contesto in cui si trova.
JS2 è stato dichiarato incapace di intendere e volere. Viene pertanto nominato un tutore, che agisce (in senso giuridico) per conto di JS2 (il quale, appunto, non ne è capace). Il tutore decide se revocare o meno la decisione di JS1.
Ho commesso un grave errore: pubblicare un simile articolo di mercoledì, ben sapendo di avere poco tempo (e poche risorse mentali a disposizione) per seguire il dibattito.
@lector: Ma chi è il reo, qui?
@Il più cattivo: JS ha problemi cognitivi in senso generico, nel senso che non ho meditato più di tanto il tipo di problemi.
La cosa importante è che non è più giuridicamente capace di intendere e di volere, ma è comunque in grado di manifestare una propria volontà. Qualcosa di simile a un bambino di 6 mesi: la propria volontà la manifesta eccome, ma certo non è in grado di firmare un contratto o di modificare delle disposizioni di fine vita!
Se JS1 e JS2 siano persone diverse non è questione empiricamente risolvibile.
Lo scopo di questo esperimento mentale non è saggiare il vostro cinismo ma, appunto, appurare eventuali limiti al concetto di autodeterminazione.
@Marco Ferrari: La felicità era un fattore al quale non avevo pensato.
@Stefano: Ti seguo nella prima parte del ragionamento, non molto nella seconda: quando affermi che va tenuto in vita perché è scelta non irreversibile. Va bene se si tratta di decisione provvisoria: in attesa di nuovi elementi lo si tiene in vita. Ma come decisione definitiva l’irreversibilità non mi sembra un argomento sensato.
@.mau.: Il contresempio mi piace. Ma questo vale anche se JS4… no, aspetta, che non sono matematico, io, e con questi suffissi mi ci perdo. Diciamo che questo si chiama JP: JP1 ha optato per l’accanimento, e JP2, incapace di intendere e di volere, chiede che vengano cessate le cure…
Messa in questi termini, ho pochi dubbi anche io: lascerei morire JP2 nonostante la volontà di JP1, eppure avverto un certo disagio nel decidere questa cosa.
@hronir: Nessuna petizione di principio: è incapace di intendere e di volere ma perfettamente in grado di manifestare una propria volontà, come fa un cane o un bambino piccolo.
@galliolus: Il problema è che alla volontà di JS2 assegniamo scarso valore, in quanto incapace di intendere e di volere. Se chiede da mangiare lo accontentiamo, ma non può firmare contratti. La sua richiesta di continuare a vivere (o di essere lasciato morire nel caso di JP2) è come la richiesta di cibo o come la firma di un contratto?
@Giuseppe: Dworkin? Giuro che non l’ho letto: è tutta farina del mio sacco!
Comunque, ammettendo la supremazia della volontà di JS2 su JS1 (e di JP2 su JP1), come evitare che tramite cavilli si riesca sempre, o comunque molto spesso, a trovare una pseudovolontà contraria alle disposizioni di fine vita? Dopotutto, Eluana sorrideva…
@raser: Annulla anche se è incapace di intendere e di volere e ha ridotte capacità cognitive?
@moe: Questa è la soluzione giuridica, e mi va benissimo. La nomina di un tutore è la parte che preferisco dei vari ddl sul testamento biologico.
Se però fossi tu, il tutore? Oppure se tu facessi parte del comitato bioetico dell’ospedale e il tutore si rivolge a voi per un consiglio?
Un unico commento riassuntivo: la domanda conclusiva sembra essere: vi sono, se vi sono, le condizioni minime di coscienza alle quali un soggetto può annullare le disposizioni precedentemente fatte.
Mi sembra che tutti i commentatori siano d’accordo che la semplice interdizione non sia sufficiente.
Dal punto di vista giuridico, ha detto bene Moe, quantomeno con riguardo all’ordinamento giuridico italiano; aggiungo solo che è prevista anche la nomina di un curatore che, nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe fungere da «organo di garanzia» rispetto alle decisioni del tutore, che potrebbero — si tratta di un regime decisionale autocratico, in fin dei conti — essere confliggenti con quella del tutelato (qualcuno si ricorda di quel Cesare Previti avvocato, nominato tutore della ragazzina proprietaria di Arcore ecc. ecc.?). Ma questo è solo un vezzo giuridico da parte di un futuro avvocato che non perde mai il pelo.
Inoltre — lo dico per rimanere sul filo giuridico — se non fosse dichiarato interdetto, varrebbe la sua volontà attuale: la volontà successiva annulla sempre la precedente; e questo è lapalissiano tanto giuridicamente quanto logicamente.
Filosoficamente, la mia risposta non riesce ad affrancarsi totalmente dal secondo paragrafo giuridico (sono pure un quasi filosofo del diritto, il che mi pone nel girone degli avvocati): assumendo che non rilevi, nella speculazione filosofica, l’interdizione giudiziale, se c’è un seppur minimo livello di autocoscienza, e tale coscienza di sé vuole che s’inveri nel senso della vita, il rispetto accordato all’individuo — anche chi difende la volontà di JS1 lo fa per il rispetto dell’individuo — ci conduce alla logica conclusione che dobbiamo assecondare la sua volontà.
Problema stimolante, Ivo; anzichenò.
Ma scusa, Ivo, la parola “volere” preceduta da “incapace di intendere e di” ha un significato diverso da “volontà” dopo “manifestare la propria”? Se rispondi di sì, facendo l’esempio di un bambino, cadi nel paradosso citato da stefano secondo cui la volontà di un minorato “non ha valore”.
Un minorato, un bambino, persino un cane ha una volontà. E anche un cane, un bambino o un minorato può desiderare con tutte le sue forze di non continuare a soffrire di un trattamento senza speranza (come nel caso di Eluana) o al contrario desiderare di continuare una vita pur diversa da quella che si sarebbe immaginato prima dell’incidente. Cosa fai, davvero, ignori le loro volontà? La volontà non ha gradi come, forse, l’intelligenza. Può, al massimo, essere non-informata (ma questo è un altro discorso…).
Ivo, penso di concordare con alcuni commentatori. Non è chiaro cosa e come la volontà non faccia parte della “capacità di intendere e di volere”. Il contratto secondo me è un falso problema.
Secondo me il problema invece sta nella “comunicazione”.
Supponiamo pure che JS non abbia problemi cognitivi di nessun genere. Non è però in grado di comunicare con l’esterno. Semplicemente, è completamente immobilizzato.
Come facciamo noi dall’esterno a accertare la volontà di JS? Come facciamo ad accertare il suo livello di coscienza (se una tale indice esistesse e fosse misurabile). Egli non può dirci se è infelice o se sta soffrendo. Non può dirci se vuole continuare o no la sua esistenza. E allora che si fa?
L’esperimento mentale speculare sarebbe questo:
Tom Bombadil (TB) è convinto di non voler interrompere la propria esistenza mai. Firma quindi un testamento biologico dove dice che vuole essere curato fino all’ultimo battito del cuore, e anche oltre.
Purtroppo, dopo un incidente entra in uno stato in cui di quando in quando riesce a percepire, anche se un maniera molto alterata, il mondo esterno ma non riesce mai a comunicare. Le pupille sono fisse, i muscoli bloccati, anche se il cervello sente i suoni ed è in grado di riconoscerli. TB scopre purtroppo che lo stato attuale non gli piace affatto. E’ talmente infelice, pieno di dolore, affranto, che rischia di impazzire del tutto. Desidera disperatamente farla finita.
Purtroppo i medici non riescono a percepire la volontà di TB. Chiaramente, in questo esperimento mentale, i medici non staccheranno la spina a TB2, condannandolo a un lungo periodo di dolore.
Domanda: secondo voi il caso di JS e quallo di TB sono perfettamente simmetrici? Io sinceramente non sono ancora riuscito ad ottenere una risposta decente.
A me pare che non esista contraddizione fra essere incapaci di intendere e di volere e avere una volontà residua del tipo che dice Ivo. Quello che si indica con la prima formula non è un essere che non ha più volontà, ma un essere che non è più capace di volere con cognizione di causa; che non riesce più a volere in generale il proprio bene. Il bambino vuole mangiare la terra, ma questo non è bene per lui, e quindi c’è chi decide al posto suo cosa è vantaggioso per lui. Così per il demente; e allora il problema posto da Ivo è questo: in base a quali interessi il tutore decide per costui? Gli interessi dell’io di prima, che era competente a discernere il proprio bene anche futuro (e che magari sapeva bene cosa gli sarebbe successo, compresa la sua contentezza attuale), o i semplici interessi di adesso, ridotti al fatto di apprezzare alcuni piaceri elementari?
@–>Ivo #15
Reo in senso generico, inteso secondo l’etimo primigenio di “oggetto”; in questo caso, di “oggetto della nostra discussione”, non certo di “colpevole” o addirittura “malvagio” come vuole l’accezione contemporanea. 😉
secondo me sono due persone diverse (perché hanno preferenze diverse).
Ma questo non implica che è giusto che prevalga la volontà del john-stuart-di-oggi su quella del john-stuart-di-ieri. il john-stuart-di-ieri potrebbe aver tolto al john stuart di oggi il diritto di essere curato in quella situazione. mi spiego.
in generale il me stesso di oggi può togliere al me-stesso-di-domani alcuni diritti. (un motivo per cui potrei volerlo fare è che mi voglio premunire contro me stesso, contro l’eventualità che io stesso cambi idea, o che io stesso non abbia la forza di fare qualcosa. Ad esempio, per smettere di fumare, o per smettere di drogarmi, o per non mangiare cibi grassi, o se prevedo che avrò la demenza senile, io posso voler privare il me stesso di domani di prendere certe decisioni. Ad es, io posso voler fare un contratto con tizio in cui do a tizio il diritto di impedirmi di mangiare dolci domani, anche non sarò d’accordo. Questo contratto è valido. Questo implica che il me stesso di domani non ha più il diritto di mangiare dolci (dato che c’è qualcuno che ha il diritto di impedirglielo). In questo caso è giusto che la volontà del me stesso di ieri prevalga sulla volontà del me stesso di oggi.).
Applicando tutto questo al caso in esame:
Supponiamo che il john-stuart-di-ieri abbia ceduto a Franco Rossi il diritto di ucciderlo nel caso, un domani, si fosse trovato in quella condizione poco dignitosa.
In questo caso, Franco Rossi oggi avrebbe il diritto di ucciderlo. Dato che esiste almeno una persona che ha il diritto di uccidero, questo implica che il john-stuart-di-oggi non ha più il diritto di essere curato. Questo implica che la volontà del john-stuart-di-ieri deve prevalere su quella del john-stuart-di-oggi.
In assenza di contratti, invece, credo che si possa dire che è giusto che prevalga la volontà del john stuart più recente.
@Giuseppe
puo’ darsi che abbia senso fare una distinzione fra volonta’ piena e volonta’ elementare per la firma di un contratto di acquisto di una casa. Ma qui stiamo parlando della cosa piu’ elementare del mondo: restare in vita. Per accertare la volonta’ di JS, bisogna:
– porgli la domanda (vuoi vivere o morire?)
– interpretare la risposta (voglio vivere)
Se siamo in grado di stabilire che ha capito la domanda, e di interpretare correttamente la risposta, secondo me questo significa che e’ capace di intendere (la domanda) e di volere (vivere). Quindi l’intepretazione della frase “capace di intendere e di volere” ha qui un significato diverso e piu’ elementare, piu’ di base, che nel diritto civile classico. Anche un cane puo’ correttamente e validamente sostenere di voler vivere o morire, sebbene non associamo di solito a un cane la capacita’ di firmare un contratto con le clausole associate.
Quindi concordo con la conclusione di Ivo: l’interdizione classica qui non ha senso.
Secondo me pero’ c’e’ un problema piu’ difficile che viene implicitamente sollevato dall’esperimento mentale di Ivo: come facciamo ad essere sicuri che JS ha capito la domanda e ha risposto con cognizione di causa? Se la risposta e’ semplicemente si’ o no, potremmo accontentarci per esempio del fatto che JS sbatta le palbepre per dire si’ oppure tenga gli occhi chiusi per dire no. Ma se risponde in maniera difforme 3 volte su 10 (ad esempio) che si fa? si vota a maggioranza? La comunicazione e l’intepretazione in questi casi e’ tutto.
Dobbiamo allora propendere per il principio di conservazione la vita sempre e comunque (come sembrano suggerire i fautori della sacralita’ della vita) e non tenere in alcun conto il testamento biologico precedente? Oppure il testamento di JS ha comunque una certa capacita’ di “prelazione” su queste difficolta’ pratiche di comunicazione?
Ho pensato che l’esperimento mentale speculare potesse aiutarmi a chiarirmi le idee ma invece me le ha confuse. Perche’?
Perche’ se accettiamo la tesi dei fautori della sacralita’ della vita, e non teniamo in conto il testamento biologico, stiamo facendo un torto a TB2 e a JS1. Quindi, per JS2 va bene, ma JS1 sta sicuramente in apprensione (almeno fino a prima dell’incidente): TB1 e’ contento e TB2 e’ scontento.
Se invece accettiamo che venga applicato il testamento biologico in caso di difficolta’ di comunicazione, allora TB1 e JS1 sono contenti. TB2 e JS2 non lo sono affatto!
Ma secondo voi, il ragionamento di cui sopra e’ corretto? Non ne sono sicurissimo.
@knulp:
»Ma se risponde in maniera difforme 3 volte su 10 (ad esempio) che si fa?
Si dice che la “risposta” è in realtà un movimento casuale.
@tutti:
dovreste saperlo che non ci si mette mai a discutere con un filosofo 😛
@Knulp: mi risulta molto difficile capire in che senso un cane possa “correttamente e validamente sostenere di voler vivere o morire”. Un cane non ha nessuna idea della morte! Noi possiamo dedurre lecitamente che ha un interese a rimanere in vita (perché gode di buona salute, è amato dalla sua padroncina, ha uno splendido set di ossa di gomma, corre per i prati, etc.), ma non certo che vuole rimanere in vita (almeno in un senso non troppo lato della parola “volere”). Forse per chiarezza sarebbe bene limitare il nostro esperimento mentale a una persona che si trovi in una situazione simile a quella del cane (o di un neonato di pochi mesi, che è praticamente la stessa).
@ .Mau. Eh no! se non si discute con i filosofi finisce il divertimento…. 😉
@ Ivo Non vale prendersela con i bimbi. Comunque dire che un bimbo non è giuridicamente capace di intendere e volere non tende a sopraffarlo ma a tutelarlo (in particolare in attesa che ciò che la natura non gli ha ancora concesso gli conceda normalmente).
La cosa che mi stupisce di più è che si dia per scontato che esistano due JS e che “siano” due persone “distinte”.
Mi ricordano gli esperimenti filosofici di “L’io della mente”, ma almeno quelli avevano, almeno ai miei poveri occhi, la funzione di smontare tesi dualistiche mente cervello.
(Ivo non voglio impadronirmi del tuo post… ma si sa come sono poco affidabili i più Cattivi)
Teoricamente e qui mi butto:
Giuseppe: ma se si giudica la persona incapace di intende e di volere nel senso non troppo lato della parola “volere”… allora non si può dire che vuole vivere. Esattamente come nel caso del cane o del bambino di pochi mesi.
Continuo a pensare che ci sia una petizione di principio. Ogni volta che si tenta di convincerci che quel suo “voler vivere” ha un senso, quelle stesse volte si sta “smontando” l’affermazione che non sia in grado di intendere e di volere.
Il bambino, per come la dici tu, non vuole mangiare la terra… semplicemente “gli capita di mangiare la terra”.
Hronir: no, il bambino vuole mangiare la terra (la vede, si immagina che sia gustosa) ma non vuole vivere (perché non concepisce una fine alla sua vita; ovviamente nemmeno vuole morire). Però ha ugualmente un interesse a vivere, e di questo bisogna tenere conto, credo.
Mi sembra che molti dei commenti non tengano conto di un fatto: ci sono cose che non posso vendere per contratto. Ad esempio, legalmente non posso dare a nessuno il diritto di uccidermi, perché l’omicidio è un reato e non posso fare contratti legali con clausole illegali. Ad esempio, ho diritto di lavorare in un luogo dove siano rispettate le norme di sicurezza: non posso sottoscrivere un contratto in cui accetto di lavorare in un luogo illegalmente pericoloso in cambio di un aumento di stipendio. Non posso neanche rinunciare al riposo settimanale.
Queste leggi hanno evidentemente lo scopo di tutelare la parte debole: vendersi un rene non è un esercizio di libertà, ma un estremo e disperato grido di dolore per una assenza di libertà, della quale qualcun altro sta approfittando. Per questo è illegale vendersi un rene, mentre è legale regalarlo. Senza con questo dover introdurre il concetto di “sacralità del rene”.
@ il più Cattivo [#11]: i politici italiani non cambiano idea, affermano di essere stati fraintesi. Cambiare idea è un grande segno di saggezza, e un politico non lo fa (quasi) mai perché ritiene invece che la coerenza sia un valore assoluto.
@ Galliolus Ehi insisto il ruolo di cattivo del gruppo è mio 😉
Comunque il senso che volevo esprimere è assolutamente concorde con quanto da te riportato.
Anche se solo uno ha il “diritto” di dire che è stato frainteso (dai mass media di tutto il mondo, per ultimi gli argentini) gli altri più modestamente devono accontentarsi di forme del tipo “se serve mi scuso”… 😎
@Giuseppe:
Un cane non ha nessuna idea della morte! Beh, questo non lo sappiamo, lo deduciamo.
Mi viene in mente che alcuni cani, nel momento in cui “sentono arrivare la morte” vanno a nascondersi per non farsi vedere mentre muoiono. Forse un concetto elementare di “morte” ce l’hanno, o forse è solo una nostra impressione.
Ci sono anche casi di animali che apparentemente hanno desiderato di morire. Vedi i casi di cetacei spiaggiati, che nonostante gli sforzi dei salvatori, sono tornati alla spiaggia, facendo intendere di voler morire. Certamente, ne sappiamo molto poco di quel che “pensano” gli animali.
Più che un problema di “volontà” nel caso del cane si tratta di un problema di “intendere”. Penso sia difficile far capire a un cane cosa vuol dire la domanda “vuoi vivere o morire?” anche se si potrebbe tentare. Il cane potrebbe istintivamente desiderare di vivere nel momento in cui minacciamo la sua esistenza. La “domanda” allora potrebbe essere posta in questo modo:
– minacciamo la sua esistenza in maniera chiara ed evidente
– se lui si oppone alla minaccia allora desidera vivere
– se non si oppone, probabilmente non ha più desiderio di vivere.
Anche così comunque l’esperimento mi sembra difficile da interpretare.
Comunque, hai ragione, mi sono spinto troppo in là con il paragone con il cane, non è un paragone adeguato. Meglio tornare a JS!
PS: come c’era da aspettarsi, questo post è candidato al record di commenti!
Giuseppe, ancora non mi hai convinto.
Il bambino vede la terra, gli pare gustosa e vuole mangiarla, ma non sa nemmeno cosa siano la vita e la morte. Ma se gli fai male, lui vuole che tu smetta.
Se il nostro tizio in questione non è capace di intendere e di volere sulla sua vita/morte significa che non è più in grado di maneggiare quei concetti. Da cosa deduci allora che vuole vivere?
Dire che è felice e vuol restare in quella condizione di felicità (leggi: vuole vivere) significa che ha una sufficiente cognizione del concetto di “felicità” per cui non può essere considerato incapace di intendere e di volere.
Insomma, non vorrei disquisire su una definizione del concetto di volontà, quanto sul fatto che se la si ammette quando si dice che il tizio vuol vivere, la si deve ammettere anche quando si dice che il tizio è in grado di intendere e di volere.
Ma io non ho detto che il tizio vuole vivere! Quello che sostengo è che ha un interesse a vivere, che è una cosa diversa: se lo uccidi riduci la quantità totalità di bene presente nella sua vita. La sua vita, essendo più breve, conterrebbe cioè un numero inferiore di esperienze per lui gradevoli.
Ma infatti io non ce l’ho con te, ma con l’esperimento mentale. E l’esperimento mentale dice proprio che il tizio vuole vivere (letteralmente: “non vuole smettere di vivere”) perchè è felice.
E di nuovo io non sto difendendo una (lasciatelo vivere) o l’altra (esaudite le sue volontà pregresse) delle alternative proposte: sto dicendo che secondo me la domanda è mal posta, l’esperimento mentale intrinsecamente contraddittorio: se il tizio ha modo di esprimere la sua volontà sulla vita o la morte gioco forza non può essere dichiarato incapace di intendere e di volere.
Un’esasperazione dell’esperimento mentale che volesse insistere nel proporre l’apparente paradosso potrebbe essere la situazione di un tizio che è completamente incosciente del mondo esterno ma il cui cervello è invaso da un qualche neurotrasmettitore che è noto provocare piacere nel soggetto. Allora la questione sarebbe: non è capace di intendere e di volere… ma prova piacere: lo assecondiamo o lo lasciamo vivere nel suo nirvana?
Però qui abbiamo spostato davvero molto in là l’esperimento mentale… no?
@ Ivo –> Mi dai la tua definizione di “John Stuart è felice” ovvero come ne appuri la verità?
@ hronin –> “centro” , se decidessimo di definire “felice” una persona tramite un parametro biometrico (es. la produzione di endorfina?) tireresti indietro la tua obiezione?
@ Giuseppe –> se ti dico che (non uccidendolo) seguendo la volontà espressa precedentemente diminuisci la quantità totale di MALE, come la prendi? Nell’esperimento si è supposto che habbia espresso la volontà di ridurre le esperienze SGRADEVOLI!!!
“Annulla anche se è incapace di intendere e di volere e ha ridotte capacità cognitive?”
si, perchè se riesce a esprimere la sua volontà è per definizione capace di volere, e pure di intendere. le capacità cognitive, per quanto ridotte, le ha
Una provocazione: Se JS1, nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali eccetera eccetera, avesse redatto testamento (quello normale, nel quale si dispone dei propri beni), bene, questo testamento sarebbe valido. Una volta dichiarato incapace di intendere e volere, JS2 non potrebbe modificarlo.
Ora, i beni materiali hanno un valore inferiore a quello della propria vita. Quindi anche le disposizioni relative a questi beni sono meno significative rispetto a quelle relative alla propria vita.
Conclusione: chi dice che è possibile non prendere in considerazione le volontà di JS1 rispetto alla propria vita, ammette in definitiva, una tutela superiore per le disposizioni riguardo ai beni materiali rispetto a quelle riguardo la propria vita, nonostante le prime siano meno significative delle seconde.
Perché?
@ moe –> un sillogismo era una vita che non ne vedevo. O meglio ricordo qualcosa da parte di IliadeXXIII.
In sostanza tu dici che poichè qualcosa vale di più di qualcos’altro su cui si è raggiunto un accordo, questo accordo non vale per la cosa di maggior valore.
Mi sembrava di aver capito che il “testamento biologico” nell’esperimento filosofico fosse “valido” quindi l’obiezione decade. Comunque il “fatto” che i beni materiali valgano meno della propria vita da cosa lo desumi? Ti rammento che molti esseri umani la mettono a repentaglio per beni anche di “scarso” valore, che poi quella degli altri (es. Thissen) poi vale meno del famoso “fico secco”, che la storia è piena di soldati di ventura (o mercenari) ecc…
(oggi mi sento consapevolmente il più Cattivo)
@più cattivo: Già il fatto che rispondi mi lusinga.
Sono lieto di averti rallegrato (spero) con un sillogismo. In fondo non funzionano poi così male…
Una domanda: spiegami meglio il fatto che l’obiezione (?) decade perché il “testamento biologico” era valido.
Una spiegazione: la vita ha un valore superiore ai beni materiali perché, senza vita, non vi è soggetto titolare di detti beni. Inoltre, il godimento dei beni materiali presuppone l’esistenza in vita. Comunque, per avere un termine di paragone in campo giuridico, basta vedere come vengano puniti diversamente il furto (sottrazione di beni materiali) e l’omicidio (sottrazione della vita).
Poi il soggetto in questione fa con la sua vita – e con i suoi beni – quel che gli pare.
(?)non c’era nessuna obiezione, semplicemente notavo che si tende a dare una tutela differente alle disposizioni relative ai propri beni rispetto a quelle relative alla propria vita: le disposizioni sui beni sono, diciamo, irrevocabili, quelle relative alla vita, beh, vediamo, chissà…
@ hronir –> “centro” , se decidessimo di definire “felice” una persona tramite un parametro biometrico (es. la produzione di endorfina?) tireresti indietro la tua obiezione?
Ma, ripeto, la mia non è un’obiezione su una o sull’altra alternativa, ma su tutt’e due. Nel caso che proponi, non saremmo cmq di fronte a due “volontà”, ma ad una sola (quella pregressa). E la cosa al massimo può considerarsi dubbia se le volontà pregresse non immaginavano che una situazione di “gravi danni cerebrali” potesse essere compatibile con una situazione di “perenne piacere”.
Ma di nuovo, stiamo davvero degenerando…
@ Moe : Sono il più Cattivo, non il più Prezioso… 😎
I sillogismi funzionano, però solo se non si imbroglia….
Nell’esperimento il TB di JS prima dell’incidente era stato reso seguendo la legge (almeno così ho capito)
Per quanto riguarda il tuo esempio “giuridico” ti posso accennare che l’Australia si è riempita di “galeotti” britannici che venivano salvati in quanto il furto di beni per un valore di (mi sembra) 25 ghinee veniva punito con la morte, quindi venivano condannati per 24 ghinee e spediti in Australia.
Mi piace il concetto che della sua vita ci fa quel che gli pare…(è di questo che stiamo discutendo)
Di seguito riporto che scrivi “meno significative”, non dovrebbe seguire che quelle sulla vita siano quindi soggette a revisione solo in caso di condizioni più che certe?
Spero di essere stato più chiaro…
@ il più cattivo.
E’ esattamente ciò che mi “perplime”: per le disposizioni riguardanti i beni non sono ammesse revisioni, per le disposizioni (maggiormente significative) riguardanti la propria vita la maggior parte degli interventi propende per la possibilità di revisione, stante il minimo dubbio… Perché?
È stata lunga, ma ho letto tutti i vostri commenti, tutti molto interessanti.
Tra l’altro, questo non è il post con più commenti, ma si trova “solo” al quinto posto (tre dei primi quattro post più commentati trattano di evoluzionismo).
Sul volere e sulla felicità:
Non avevo considerato le difficoltà del termine volere e la differenza tra volere qualcosa e avere un legittimo interesse verso.
JS dopo l’incidente, effettivamente, non vuole vivere nel senso che siamo soliti dare al termine. Manifesta un certo attaccamento alla vita e manifesta una certa felicità. Stati che manifesta come può. Ad esempio sorridendo, guardando con preoccupazione chi si avvicina alle macchine che lo tengono in vita eccetera. O anche tramite criteri biologici come una scansione cerebrale, però una situazione di completo isolamento dall’esterno, come è stata anche ipotizzata, mi lascia molto perplesso: una coscienza isolata, non in relazione, mi sembra un po’ un controsenso (ma forse si ipotizzava una coscienza isolata in una sola direzione: percepisco il mondo esterno ma non riesco a interagire).
Sull’identità personale:
Non assumo nulla, né che si tratti di due persone diverse né che si tratti di una persona sola. Si tratta, comunque, di un elemento della discussione che è giusto affrontare, per quanto non risolutivo (e per quanto manchino criteri certi di applicazioni).
Sugli aspetti giuridici:
Non ho mai pensato al mio esperimento mentale in termini giuridici: da un punto di vista legale, è tutto come dice Francesco Minciotti: ci sono curatore e tutore, e per avere una buona legge credo basti.
Sulla diversa tutela della vita e dei beni materiali:
La vita non è una cosa o un bene e non ha senso trattarlo come tale. Rinunciare alla vita non equivale a rinunciare a una qualsiasi proprietà come una casa o un rene: la rinuncia alla vita riguarda il diritto all’autodeterminazione. È quindi ovvio che ci siano tutele diverse che trovo difficile paragonare direttamente.
scusate se continuo, ma faccio un esempio.
Nonno Piero fa testamento, e decide che la casa va a Luigi, mentre Anna prende i campi (che valgono una pipa di tabacco). Poi Nonno Piero sbatte la zucca, dopo qualche mese vola in cielo, e nessuno discute il testamento. Ma se Nonno Piero, contestualmente al testamento, avesse stabilito “in caso di sbattimento di zucca, se non sono più in grado di nutrirmi autonomamente, lasciatemi morire”, ecco, tutti a discutere che magari forse non è più dello stesso parere, e insomma non si sa, e che forse…
Eppure per nonno Piero, le sue decisioni riguardo alla propria vita erano almeno altrettanto importanti di quelle riguardanti i campi e la casa, se non di più. Ora, perché la maggior parte di chi é intervenuto rispetta decisioni di nonno Piero sulla casa e i campi, e non quelle riguardanti la vita?
@moe: Una spiegazione razionale (che non coinvolga la sacralità della vita) che posso trovare è la seguente: assumendo che tra la botta in testa e la morte non sia completamente privo di coscienza ma mantenga una qualche attività mentale, si può ragionevolmente supporre che la nuova situazione gli faccia cambiare idea sulle cure da ricevere, non sugli eredi da designare.
Aggiungo che, moralmente parlando, se Nonno Pietro durante la malattia fosse stato amorevolmente accudito da Anna mentre Luigi se ne fregava, a me qualche dubbio sulla validità del testamento verrebbe e questo appunto perché Nonno Pietro avrebbe probabilmente cambiato idea.
Non vedo principi morali da mettere in discussione, se John Stuart non è più in condizioni di intendere e di volere, il giudice lo affiderà ad un tutore il quale dovrà agire nell’interesse del suo assistito e, se persona seria, prenderà sicuramente in considerazione la possibilità che, nelle circostanze, JS possa anche aver cambiato opinione e voler continuare a vivere.
Ammetto che non vorrei essere al posto del tutore ma è solo lui di fronte alla sua coscienza che può prendere una decisione e se il tutore dovesse convincersi che la volontà del suo assistito coincida con il togliere la spina, potrà agire nella legalità e nessuno potrà o dovrà rinfacciargli una scelta che sicuramente non è stata facile.
Se JS 2 non è in grado di intendere e volere come puo aver cambiato idea e aver deciso di voler vivere nonostante i gravi e irreparabili handicap.
Chi stabilisce che sia soddisfatto del suo stato se nemmeno lui ne è in grado.
Si deve per forza fare riferimento alle volontà di JS 1,il quale detiene una sorta di patria podestà su JS 2.
Dire che sono 2 individui diversi è concettualmente un errore.
JS 2 non è altro che JS 1 senza volontà e ragionamento.
@ticinese5: Tutore e curatore sono una (ottima) soluzione giuridica, non certo una soluzione morale: ripeto quello già scritto: se tu fossi il curatore e fossi una persona interpellata dal curatore per prendere posizione, come scegliere?
@Marduk: I bambini cambiano idea eppure non sono capaci di intendere e di volere; i gatti manifestano opinioni e preferenze (il mio preferiva le galatine al latte fresco, ad esempio), pur non essendo in grado di intendere e di volere nel senso umano e giuridico del termine.
Che poi questa semi-volontà debba prevalere sulla volontà precedente l’incidente, è un altro discorso…
Mi ripeto ….. (#26)
@ Ivo Non vale prendersela con i bimbi. Comunque dire che un bimbo non è giuridicamente capace di intendere e volere non tende a sopraffarlo ma a tutelarlo (in particolare in attesa che ciò che la natura non gli ha ancora concesso gli conceda normalmente).
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Sarò ancora più esplicito, la “volontà” dei bimbi è oggetto di indagine ad esempio nelle cause di affidamento tutelare ad uno dei due genitori. Non è che i bimbi abbiamo seri problemi cognitivi, ma si valuta inopportuno porli sotto pressione per fargli assumere decisioni di cui potrebbero non essere consci. In particolare ammesso che si voglia essere cattivi (è il mio mestire e vocazione) in caso di necessità tanti genitori hanno “dovuto” operare scelte forzanti nei confronti dei loro figli in “opposizione” a quella che sembrava in modo assolutamente inoppugnabile la loro volontà (dal non voler scendere da una giostra, all’alzarsi per andare a scuola, fino a (nel mio caso) farsi curare una ferita mentre strilla che il dolore è insopportabile).
Il problema in oggetto è la “disponibilità”.
Che serve fare un TB se poi quando mi trovassi in quelle condizioni qualcuno potrà dire che ho cambiato idea? Tecnicamente (o meglio filosoficamente) potrei dire che sono stato in contatto con un defunto che mi ha dato che corrette disposizioni testamentarie diverse da quelle depositate legalmente….
P.S: mi spieghi meglio quella dei bimbi che cambiano idea??? Ti riferisci a quale fascia di età??? E’ un discorso ipotetico o almeno qui parli di qualcosa di “opinabile”.
Resta un equivoco di base la conoscenza di informazioni privilegiate (mi ricorda una recensione de “il codice da Vinci” ove si obiettava che i protagonisti sapevano cose che avrebbero invece dovuto ignorare).
Come sostieni di poter interpretare la volontà di chi non è in grado di “volere”?
@il più cattivo: Ho scritto “i bambini cambiano idea” nel senso banale che, ad esempio, prima vogliono mangiare la fetta di torta del compagno (perché più grossa), salvo poi non volerla più perché non hanno fame. Esprimono volontà pur non essendo in grado di intendere e di volere nel senso giuridico del termine.
Non vedo particolari differenze tra la tutela dei bambini e quella dei malati: in entrambi i casi si cerca di agire per il meglio del soggetto (che potrebbe essere curare la ferita oppure lasciarlo morire.
Il pericolo che metti in luce è giusto e ne avevo infatti accennato anche io (#15): è “facile”, se si assumono per valide decisioni in condizioni di coscienza molto basse, dimostrare che il soggetto potrebbe aver cambiato idea. La questione è: quanto forti devono essere le condizioni del malato per poter annullare le proprie dichiarazioni anticipate?
Io non ho risposte.
@ IVO
E’ un esempio furviante in quanto del bambino che manifesta una volontà non è mai esistita una “versione” adulta temporalmente precedente che ha espresso con cognizione di causa esplicite richieste.
Qui invece JS1 ha parlato chiaro.E JS2 devo sottostare alle volontà del “precente proprietario” del suo corpo.
PS Fermo restando ovviamente la comprovata incapacità di JS2 di intendere e volere.
@Marduk: Ho tirato in ballo i bambini semplicemente per mostrare come una persona giuridicamente incapace di intendere e di volere possa cambiare idea.
Per quanto riguarda la tua conclusione (la volontà prima dell’incidente prevale su quella, menomata, dopo), mi sembra sensata, come mi sembra sensata l’opinione contraria (e come mi aspetto da un dilemma).
@ Ivo : C’è un punto in cui non mi convinci.
Il tuo assioma è che il problema è indecidibile.
Troppo facile, persino per un esperimento filosofico. 😉
Quando ti trovi di fronte ad una obiezione seria e dovresti prendere una posizione (in quanto ospite e propugnatore) allarghi il cerchio (il mio preside diceva: “se non vuoi che si prenda una decisione, convoca una commissione”). L’equiparare un vincolo protettivo (ovvero ai minori) con uno stato patologico (ovvero gli enormi problemi cognitivi) è un escamotage (uhm… è francese? due volte in un solo giorno???) che non ti rende onore. Il vincolo giuridico di “incapace di intendere e volere” non credo sia applicabile che a persone con gravi malformazioni, non certo a minori di due o tre anni che certo non sono processabili.
Esercitare delle scelte (nel rispetto ….bla..bla…) è compito precipuo di un filosofo almeno nella sfera morale. Se il concetto di base era autodimostrato nell’assioma perchè lanciarsi in altre dissertazioni. Tu stesso non ne sei convinto. Comprendi che le scelte operate da JS1 abbiano diritto di essere rispettate, non riuscendo però ad accettarne l’esito, giungi a “disgiungere” colui che ha preso una decisione che reputavi leggittima da colui che la dovrebbe subire. Troppo facile!!! Se il concetto passasse in questo modo il TB diverrebbe come bere un bicchiere di acqua fresca. “SE MI TROVASSI IN QUELLA SITUAZIONE NON SAREI PIU’ IO, QUINDI CHE MI IMPORTA SE QUELLO LI’ MUORE???” Non posso accettarlo, ti stimo troppo. JS1 se ha scelto consapevolmente di “morire” non si riferiva ad “uccidere” un altro da se stesso. Questi dualismi mi puzzano di cattolicesimo e quindi li rifuggo immediatamente.
Perdonami l’ultimo inciso, ma se JS2 non è più JS1 avrebbe diritto qualora invece guarisse ad entrare in possesso dei beni materiali e degli affetti di JS1, o abbiamo i JS dispari che ne godono e quelli pari no? 🙁
Con stima attendo la tua risposta (non mi deludere con un “io di risposte non ne ho”)
😎
@il più Cattivo: Cercherò di non deluderti, ma temo che non ci riuscirò 😉
Che il problema non sia decidibile non è un assioma, ma una constatazione. Non è decidibile per la vaghezza della formulazione (è un esperimento mentale, non un caso concreto). Gli esperimenti mentali, secondo me, devono essere almeno un po’ vaghi, appunto per poter variare i vari aspetti.
Per fare due casi concreti: se i danni cerebrali riguardassero, ad esempio, la capacità di avere una chiara rappresentazione temporale degli eventi, ad esempio di distinguere adesso da stasera da tra un anno (essenziale per la capacità giuridica di intendere e di volere), ma per il resto fosse in grado di interagire con gli altri e manifestasse la chiara intenzione di non voler essere distaccato dal respiratore, io non lo distaccherei.
Se viceversa la manifestazione della volontà si riducesse in qualche vago sorriso e in spasmi, penso seguirei le indicazioni delle dichiarazioni anticipate.
Spero con tutto il cuore che nessuno debba trovarsi nella situazione di dover fare una simile scelta.
Sarò schietto come confacente al mio titolo.
dopo più di 40 post, come valuti l’esito dell’esperimento?
@il più Cattivo: Dopo 56 commenti e i contributi di non so quante persone, sono giunto alla conclusione che quello di autodeterminazione è un concetto che può riservare sorprese.
Sì, lo sapevo anche prima 😉