Le mie argomentazioni sono generali e non si basano su fatti particolari della vita come noi la conosciamo.
Come tali sono state criticate da scienziati abbastanza privi di fantasia da pensare che lavorare come schiavi con provette bollenti (o con gelidi stivali fangosi) sia l’unico modo di fare delle scoperte scientifiche. Un critico si lamentava che le mie argomentazioni erano «filosofiche», come se fosse una condanna sufficiente.
Richard Dawkins, Il gene egoista, Capitolo 11, nota 1
«Che cosa è la filosofia?» ha chiesto qualche tempo fa Susan Blackmore a Daniel Dennett e la sua risposta è stata france: «La filosofia è ciò che facciamo quando ancora non sappiamo quali siano le domande giuste da porre.» Molte domande «giuste», o pertinenti, emergono dalle inchieste, dalla ricerca sistematica, dalle verifiche sperimentali, anche dalle statistiche: non è detto che emergano meditando in poltrona.
Giovanni Jervis, Pensare diritto, pensare storto, Bollati Boringhieri, 2007, pp. 97-98
Entrambi gli autori sono, con tutte le differenze del caso, uomini di scienza.
Il primo di lamenta perché è possibile fare scoperte scientifiche anche senza “sporcarsi le mani” sul campo, il secondo perché non è possibile fare scoperte scientifiche standosene comodamente seduti in poltrona.
Probabilmente hanno entrambi ragione, e la differenza è dovuta al diverso contesto nel quale operano. È superfluo aggiungere che il primo è inglese e il secondo italiano?