Perché a Piergiorgio Welby, morto in seguito al distacco del respiratore artificiale, non sono stati concessi i funerali in chiesa mentre per l’avvocato Corso Bovio, suicidatosi con un colpo di pistola, non ci sono stati simili problemi?
Secondo alcuni, è solo una questione di amicizie. Il cardinale Ersilio Tonini avrebbe però spiegato diversamente la questione:
Approvare i funerali di Piergiorgio Welby sarebbe stato come dire che la Chiesa accetta l’eutanasia di cui Welby stesso era divenuto il simbolo. Per questo non è stato possibile autorizzarne la celebrazione in chiesa, mentre nel caso dell’avvocato Corso Bovio questa implicazione non c’è stata.
Welby è stato punito in quanto simbolo dell’eutanasia. Avesse fatto le cose in silenzio, senza dire nulla o quasi a nessuno, avrebbe avuto la sua bella cerimonia funebre in chiesa.
Forse sono prevenuto, ma mi sembra di capire che, per Ersilio Tonini, i peccati si possono anche fare, basta che non lo si dica in giro, che non se ne discuta troppo.
Probabilmente l’affermazione è stata male riportata, oppure ho capito male io: non posso credere che un cardinale della Chiesa Cattolica sia un simile ipocrita.
Se qualche lettore avesse maggiori informazioni sulle affermazioni di Tonini, è pregato di segnalarlo nei commenti. Eventualmente correggerò l’articolo.
Grazie
Tralasciando tante altre considerazioni, che pure ci starebbero, direi che il principio che ha dettato le parole di Tonini non è nuovo: la dimensione “pubblica” del peccato conta eccome. Tu dici ipocrisia, io potrei dire pedagogia. poi, purtroppo, spesso si esagera.
Capisco il principio, ma mi convince poco applicato al caso concreto.
Se si tratta di Pedagogia, mi sembra la peggiore pedagogia possibile: se non fai il bravo non avrai il funerale in Chiesa…
Per curiosità: le altre considerazioni quali sono? (mi accontento di un breve accenno).
Per Welby si tratta certamente di un caso di peccato grave trovandosi tutti e tre i parametri necessari (materia grave, piena consapevolezza, deliberato consenso). Nei casi di suicidio invece si tende a considerare che la persona possa non avere consapevolezza piena dell’atto.
La pubblicità del peccato poi rende più complicate le cose (vedi ad esempio che i risposati non possono fare la comunione).
Non mi sembra utile la Pedagogia in questi casi. Colpirne uno per educarne cento… La fede, specialmente alla fine della propria vita, e’ una faccenda personale, non pubblica.
A parte che Piergiorgio Welby avra’ avuto un migliore o peggiore trattamento nell’aldila’, indipendentemente dalle decisioni delle gerarchie cattoliche o dai commenti del Cardinal Tonini.
Mi preme pero’ notare che secondo me la decisione di non dare i funerali al povero Welby e’ POLITICA. Altro che il refrain “la chiesa non fa politica” cantato continuamente da cattolici e pseudo tali. La dichiarazione del Cardinal Tonini ammette implicitamente il lato politico della questione. Il funerale di Welby ha smesso di diventare un fatto privato fra Welby e il prete, ma e’ diventato pubblico per ragioni POLITICHE.
Poi ognuno la pensi come vuole.
Stefano:
Se non erro l’autopsia ha stabilito che Welby è morto per soffocamento, ossia per insufficienza respiratoria, una causa naturale. Si è trattato di morte naturale: la materia grave è opinabile.
Anche ammettendo che si sia suicidato, pensare che una persona che scriva una lettera di addio, prenda una pistola, se la infili in bocca e prema il grilletto possa “non avere consapevolezza piena dell’atto” mi sembra un pochino surreale.
Tonini, in ogni caso,non ha detto che il gesto di Welby sia stato un peccato grave. Ha detto che Welby era un simbolo e per questo non si poteva eccetera. Come dice knulp, una questione politica.
Appunto: una questione politica. E’ stato lo stesso Welby a metterla giù in quel modo. La reazione della gerarchia ecclesiastica è stata una risposta, anch’essa politica (io ho detto pedagogica, ma la pedagogia è politica; forse la prola chiave è “pubblica”).
Quanto alle altre considerazioni, in estrema sintesi: il minimo che si possa dire è che, di per sé, il caso di Welby era borderline dal punto di vista etico. E’ stato lui, politicamente, a volerlo forzare in una precisa direzione, a quel punto non più accettabile per la Chiesa. Ora: indipendentemente dal fatto che si possa pensare che, nel merito, abbia ragione Welby, è ingenuo ritenere che quella potesse essere una strada praticabile per ammorbidire il conflitto ideologico in merito. Detto in altri termini: a me pare evidente che tutto il comportamento di Welby (e di chi gli è stato vicino) è stato sostanzialmente, per quel che concerne la dialettica con la Chiesa, una provocazione. Ribadisco, perché sia chiaro: si può ritenere che quella provocazione sia stata sacrosanta, ma resta una provocazione che ha generato, in risposta, una inevitabile chiusura.
P.S.: a margine, ricordo a tutti (e in particolare a knulp) che la negazione di esequie religiose non significa affatto un decreto di dannazione o qualcosa del genere. Ripeto: come nel caso della scomunica, la sua natura è pubblica, politica, pedagogica.
Se l’intervento è politico, giudichiamolo politicamente: una schifezza. Ci facevamo più bella figura ribadendo il no all’eutanasia e accordando le esequie religiose.
Scusa l’ignoranza, ma se mi scomunicano la scomunica un qualche effetto sulla destinazione della mia anima (e del mio corpo) nell’aldilà ce l’ha, o no?
Va beh, ho già detto che ognuno la pensa come vuole.
Però mi preme puntualizzare una cosa. Come già detto anche da me (ma forse non mi sono spiegato bene), è chiaro che la negazione di esequie non ha effetto sulla destinazione dell’anima. Sarebbe quantomeno un peccato di presunzione pensare di poter influenzare certe cose. Sulla scomunica però sono impreparato, magari ritornerò con maggiori dettagli.
E’ anche chiaro che la Chiesa è una comunità di fedeli, e quindi si occupa di atti (e dei relativi effetti) della comunità, e quindi pubblici, e se vogliamo, politici. Quindi la chiesa fa politica. Siamo tutti d’accordo su questo, giusto?
Gli unici che non sembrano d’accordo sono le gerarchie ecclesiastiche quando proclamano in pubblico che la chiesa non fa politica. Questo atteggiamento per me è ipocrita.
Piergiorgio Welby aveva un motivo valido per voler forzare la mano: stava soffrendo indicibilmente da troppo tempo perché io possa concepirlo. Che le gerarchie ecclesiastiche (ci tengo a non usare la parola Chiesa), possano aver preso questa sua disperazione come una provocazione a loro, la dice lunga sulla presunzione di certa gente.
knulp: ma infatti qualunque persona sana di mente capisce che in questa storia l’unico al di là di ogni possibile giudizio è proprio Welby.
Ivo: direi proprio di no (la Chiesa non ha il potere di “dannare” nessuno, e se lo dice dogmaticamente da sé).