Il titolo di questo post è preso da una mail inviata, immagino, al sottoscritto e ad altre persone con lo scopo di diffondere la particolare teoria dei diritti umani ivi presentata.
Ho letto solo le prime righe del lungo testo, quelle dove si solleva il problema del fondamento dei diritti umani, senza il quale, pare di capire, questi importanti diritti perderebbero tutta la loro forza.
A colpirmi non è stato tanto questo discorso – certo non nuovo – quanto l’erroraccio nel titolo. Il passaggio da quale a qual è un troncamento, non una elisione, quindi niente apostrofo o, come riporta il Devoto-Oli, «non ammette apostrofo».
È certo un errore diffuso e frequente, ma rimane un errore, come sono errori inerente il e aereoporto. Forse un giorno non saranno più errori, ma espressioni perfettamente accettabili, anche in contesti nei quali si usa, o si dovrebbe usare, un linguaggio sorvegliato. Ma adesso non è così: sono degli errori, impossibile dubitarne.
Perché sono errori? Qual è il fondamento della grammatica?
Ci sono studi che collegano grammatica e cervello, ma le regole grammaticali che risiederebbero nelle connessioni neurali sarebbero quelle generali. Per aspetti particolari, come l’apostrofo in troncamenti ed elisioni, c’è poco da dire: si tratta di convenzioni, di regole che si sono affermate in processi storici nei quali è impossibile trovare un qualche disegno razionale.
Ho il sospetto che il fondamento dei diritti umani sia lo stesso delle regole grammaticali: prassi, consuetudini, regole che si sono fissate, un po’ per caso, nella storia.
È forse poco, ma è sicuro; sicuro come è sicuro che qual è non ammette l’apostrofo.
Di certo non sono il più titolato per parlarne… ma vorrei esprimere un concetto affine: Il rapporto tra legge fisica e legge “civile”.
Se esiste una legge fisica in una formulazione specifica che si scopre essere violata da un “controesempio”, dopo aver verificato che non ci sono errori “di misura” o similari si procede alla modifica della stessa affinchè possano convivere.
Per le leggi “giuridiche” (ed in qualche modo anche per le linguistiche) viene effettuato il percorso opposto. Salve le licenze poetiche e dialettali (ma in contesti determinati) si valuta la violazione come “sanzionabile” a carico del “controesempio”. Forse è l’accezione del concetto di violazione che andrebbe indagata. Concludo con un aneddoto: Un carissimo amico mi raccontava di una scena credo tratta da un film di Bunuel ove in un locale dove tutti stavano pubblicamente conversando e contemporaneamente “defecando” uno dei presenti si avvicina ad un “cameriere” per chiedere dove potesse recarsi in privato per mangiare qualcosa……
Un Sorriso
Condivido il fatto che quando una regola “emerge” dal gioco di più intelligenze interagenti, conservi una sua legittimità per questo solo fatto.
Le regole che mi inquietano sono quelle “disegnate” e imposte dall’ alto dall’ Intelligenza Unica. Ma in questo caso nemmeno parlerei di regole, bensì di legislazione mediante decreto legge.
Certo che crea difficoltà considerare legittima una regola emersa “per caso”.
Fortunatamente non esistono grossi problemi, basta eliminare quel “per caso” e tutto torna a filare.
In fondo è una parolina che non serve a nulla – giusto ad esprimere qualche fisima ideologica –la si sostituisca con una parolina che esprima ideologie più pertinenti alla circostanza, per esempio dio, ragione, destino… in modo da rendere il discorso più semplice e lineare… e soprattutto in modo da evitare teorie autorimoventi, che non sono ma belle da vedere e ascoltare.
A parità del resto, lo insegna la scienza, bellezza e semplicità hanno una loro importanza quando si tratta di scegliere tra paradigmi alternativi.
Se per “disegno razionale” intendi qualcosa di simile al disegno intelligente, stai apoditticamente affermando che non è possibile trovarne traccia nei processi storici che hanno generato alcune convenzioni. Posso concordare, ma di certo non basta questo a chiudere l’argomento.
Più utile ripetto all’interrogativo del post è il dato di partenza della teoria del disegno intelligente, ossia i processi evolutivi; possono essere estensivamente fatti rientrare tra essi anche quei processi storici?
Se la risposta è sì, perché un apostrofo dovrebbe accontentarsi di un’origine convenzionale mossa dell’evoluzione, mentre un comandamento, non rubare ad esempio, dovrebbe avere un origine diversa, trascendente?
“Ho il sospetto che il fondamento dei diritti umani sia lo stesso delle regole grammaticali: prassi, consuetudini, regole che si sono fissate, un po’ per caso, nella storia.”
Quand’ero piccolo, questa accezione di “gli” era categoricamente proibita:
2. a loro
Sono simpatiche. Gli andrà di fare amicizia?
Oggi è ampiamente ammessa.
Mi pare di cogliere, tuttavia, un’ambiguità involontaria nella tua riflessione: ti riferisci ai diritti “umani” o ai diritti “civili”?
Nella prima categoria ricomprenderei il diritto all’habeas corpus, il diritto a non essere torturato, il diritto a non essere ucciso, o quello di non essere privato della libertà, se non in base a una norma costituzionale di garanzia.
Nella seconda, invece, la possibilità di condurre un’esistenza secondo le proprie scelte religiose, morali, sociali, purché queste non rechino nocumento agli altri ( come ad esempio, il diritto degli omossessuali a manifestare liberamente le proprie preferenze e a non essere per questo oggetto di riprovazione sociale, il diritto di divorziare, quello di abortire, quello del suffragio universale, ecc. ecc.).
Ora, mentre per la categoria dei diritti civili, riscontro effettivamente una certa curiosa fondatezza nella similitudine da te suggerita, faccio più fatica a vederla con riguardo a quella dei diritti umani stricto sensu.
Bisognerebbe approfondire.
@il più cattivo: il film di Buñuel è un episodio di Il fantasma della libertà.
È curioso che ‘legge’ si riferisca sia alle leggi di natura che alle leggi giuridiche e morali, due cose per noi così diverse. Ricordo un bel libro di Hans Kelsen nel quale si evidenziava come in origine le due cose fossero in realtà unite: c’è un ordine naturale delle vicende umane che, in caso di trasgressione, viene naturalmente ristabilito tramite la punizione del colpevole, più o meno come l’evaporazione dell’acqua segue il riscaldamento.
@Broncobilly: potrei anche togliere “per caso” in «regole che si sono fissate, un po’ per caso, nella storia», ma temo di perderebbe l’aspetto, importante, che non necessariamente ci sono giustificazioni delle regole, e la grammatica è piena di casi del genere, dal plurale di provincia a soqquadro. Contingenti andrebbe meglio?
@Ugolino: ‘apoditticamente’ fino a un certo punto: che regole di grammatica e di ortografia siano in qualche misura arbitrarie è confermato dalla linguistica. Non intendo che non si possano trovare giustificazioni razionali per una qualche regola, ma solo che non si possono trovare per tutte.
@lector: la grammatica e l’ortografia cambiano, così come cambiano i diritti; non necessariamente in meglio, ma si può ragionevolmente sperare che se un cambiamento è negativo non attecchisca, e alla fine restino i più adatti, per riprendere la suggestione evoluzionista di un precedente commento, più adatti che forse sono anche i migliori.
Io credo che quanto ho scritto si applichi a tutti i diritti, umani e civili, anche se in effetti i diritti umani sono – mi esprimo alla buona – più fondamentali e quindi meno variabili.
Allora mi permetto di proporre una rettifica: “affermate in processi storici nei quali è TALVOLTA impossibile trovare un qualche disegno razionale”
Il fatto poi che per alcune – poche o tante – non si trovi, non significa che non esista, ma solo che non si è in grado di ricostruirlo.
La distinzione fatta dallo Zingarelli tra troncamento ed elisione, ad esempio, è piuttosto netta e lascia intravvedere qualcosa di simile ad un disegno razionale: l’elisione sostituisce localmente una vocale “di troppo” con un apostrofo; il troncamento dà luogo ad un nuovo vocabolo, derivato per troncamento dal primo, al quale si sostituisce in presenza di specifici accostamenti fonetici. Un esempio più efficace di altri: “un” è il troncamento di “uno”.
Tutto ciò per dire che l’evoluzione, grammaticale o biologica, se è vero che del caso si serve, non è ad esso che demanda le proprie conclusioni. Operano in essa delle spinte razionalizzanti (selettive) che fanno in modo che il risultato dei processi evolutivi sia tale da lasciar intravvedere a chi lo vuole quel “disegno intelligente” che tu, apoditticamente, ha saltato a pie’ pari.
@ugolino: Ca’ è troncamento di casa, ma ha l’apostrofo; po’ è troncamento di poco, ma ha l’apostrofo. Il disegno razionale, se c’è, si nasconde bene…
Vabbè, che come me non sei un sostenitore del disegno intelligente mi era parso di capirlo! Nel merito, però, devo dirti, questi ultimi due esempi non mi paiono molto rappresentativi; scarseggiano persino come eccezione a conferma.
Ca’ mi pare poco più che un localismo in desuetudine; po’ è colloquiale; in entrambi la funzione eufonica del troncamento non è evidente, per non dire che latita, mentre prevale la tendenza al gergale. Altro da un troncamento.
@ugolino: Se vuoi vedere l’evoluzione di una lingua, devi andare a vedere il colloquiale e il gergale: non è certo nella sorvegliata prosa accademica che una lingua muta.
La questione, lo sottolineo, non è l’impossibilità di trovare qualche schema razionale – sarebbe impossibile parlare italiano se non ci fosse – ma l’impossibilità che uno schema razionale possa giustificare o fondare ogni regola grammaticale di una lingua.
Tornando ai diritti umani: ci sono ottimi motivi a favore della presunzione di innocenza e la libertà di opinione; il problema riguarda il fatto che ci sia anche un fondamento razionale per questi diritti nelle sfumature attualmente presenti nelle leggi.
Sono, se non si fosse capito, evoluzionista convinto, aspetti deteriori del darwinismo sociale esclusi.
Proseguendo nella similitudine, la mutazione – genetica o linguistica poco cambia – segue le leggi del caso
(continua dal co,memto
segue 2
ma é la selezione – naturale o letteraria – che premia quella migliore.
Tornando sul tema del post, da evoluzionista ritengo che ciascuna cultura é risultato di una selezione
che ha premiato alcune attitudini elevandole a valori, per la loro capacità di rappresentare dei vantaggi competitivi per la collettività che ci si riconosce. Non sfuggono a questo meccanismo etica, diritto e religione.
Non é il caso che determina l’affermarsi di un valore – il rispetto della vita, per dire – ma la sua capacità di essere fattore di successo per chi lo pratica, o se ne erge a paladino.
Chiamalo se vuoi utilitarismo; diciamo che si procede per sintesi successive, ammettiamo che di certe convenzioni di dettaglio – sociali come linguistiche – non é sempre immediatamente identificabile il processo di genesi e la ratio, marimane secondo me preferibile l’idea cha non sia il caso, ma la ragione, in ultima analisi, a determinare i principi.
@ugolino: la selezione premia non ‘il migliore’, ma – grosso modo – il più adatto a riprodursi, e la facilità a riprodursi può avere motivi non molto razionali e giustificabili, anche se è ovvio che in ambito sociale i ragionamenti sono una componente importante.
Nella logica dell’evoluzione, non esiste differenza tra “migliore” e “più adatto a riprodursi”. Di organismi “migliori”, di ominidi “migliori” (si pensi ai pacifici Neanderthal), di culture “migliori”, tutti rigorosamente estinti, sono pieni i libri di paleontologia, di antropologia e di storia.
Veniamo ad oggi; il diritto ad un giusto processo è un cardine della cultura occidentale; eppure più di una volta, l’ultima forse a Guantanamo, è stato messo da parte proprio perchè si è temuto che questo potesse rappresentare un punto di debolezza nel confronto che ci vede contrapposti ad una cultura con valori diversi.
Premettendo che quella dello scontro fra culture non è la mia tesi, se la nostra cultura soccombesse nei confronti di quella islamica – o di quella cinese, più probabilmente – di una buona parte dei diritti umani da noi considerati inviolabili non resterebbe che qualche tomo in qualche polveroso scaffale.
Alla fine per dire che, come broncobilly, io il “per caso” lo leverei.
@ugolino: ripropongo quello che ho risposto a broncobilly: “contingente” andrebbe meglio?
Ma state tutti tranquilli (la cialtronaggine, come l’idiozia, non ha limiti). I cosiddetti diritti fondamentali inseriti nelle Costituzioni galoppano verso una sostanziale riformulazione (leggasi estinzione). Non bisogna avere fretta, ma il processo è in fase avanzata. State tranquilli. Già oggi la discrasia tra formalità e sostanzialità (effettività empirica) di gran parte delle norme della nostra Costituzione è evidente. E’ questione di poco, basta cambiare una parola qua, un’altra là e il gioco è fatto. La Costituzione è vecchia, è proto-socialista, è superata. La riscriverei io una nuova Carta e sono sicuro che ne sareste entusiasti.