Due notizie di cronaca.
La prima: Maurizio Crozza e Fiorello dedicano alcuni minuti delle loro trasmissioni comiche al Papa. Protesta del quotidiano Avvenire: una satira volgare, fallimentare e vigliacca che non rispetta gli spettatori. Seguono reazioni e appelli in difesa della satira (appelli che ignorano la differenza tra comicità e satira, ma è un altro discorso).
La seconda: la RAI ha in programma una fiction (quando l’uso di termini italiani non era out, si chiamavano sceneggiati) su un matrimonio omosessuale. Proteste di alcuni giornali e associazioni: secondo loro una trasmissione televisiva che, in una qualche maniera, presenta un matrimonio omosessuale come simile o identico a un matrimonio eterosessuale sarebbe pericolosa. In altri ambienti, invece, il programma viene apprezzato in quanto costituirebbe «un messaggio positivo nei confronti di una realtà troppe volte male rappresentata nei media».
C’è qualcosa di sorprendente in queste vicende.
A stupire è soprattutto l’ingenuità di certi atteggiamenti nei confronti dei mezzi di comunicazione di massa. Nelle preoccupazioni dei contrari e negli apprezzamenti dei favorevoli si legge uno schema che non può non spaventare: il cervello viene visto come una sorta di registratore che accoglie passivamente tutto quello che trasmettono per radio e televisione. Come se fosse sufficiente mostrare in televisione una mela per far crollare le vendite di pere e viceversa, come se esistesse un solo livello di significato, come se non esistesse alcun processo di elaborazione delle informazioni. Come se l’uomo fosse più semplice di una macchina.
Ivo, forse se si mostrasse UNA VOLTA la mela, le vendite di pere non crollerebbero.
Non penso che, in realtà, né da una parte né dall’altra ci sia la pretesa di cambiare la mentalità alle persone con un clic di telecomando. Con il tempo forse…
In un blog d’ispirazione cattolica leggo questa frase “(…) questo continuo far passare in televisione l’idea che tutte le unioni possono essere equiparate (…)” [il grassetto è mio].
E poi, siamo proprio sicuri che la gran parte dei cervelli, non dico tutti, elabora veramente le informazioni?
Enzo Jannacci, recita: “Quelli che… l’ha detto il telegiornale”
Un saluto
Cito dall’unica ricerca sull’argomento che conosco: The Fox News Effect del NBER (scovata grazie ai fantasticiquattro).
Fox News ha spostato dallo 0.4% allo 0.7% dei voti, influenzando dal 3% all’8% degli spettatori.
Poco o tanto? In un sistema politico come quello americano, lo 0.4% può significare la vittoria alle presidenziali, quindi tanto.
Però rispetto alle idee, secondo me ingenue, che hanno molte persone, è pochissimo. In Italia, secondo alcuni (a destra e a sinistra) il controllo delle televisioni da parte di Berlusconi comporterebbe spostamenti di elettorato intorno al 30 percento.
È questo che mi stupisce e un po’ mi spaventa, perché se non si conosce il reale funzionamento di questo famoso quarto potere si diranno e faranno solo cavolate.
Aggiungo un esempio che prendo da una Bustina di Umberto Eco.
La DC ha per anni controllato la RAI imponendo costumi da ballo simili alle mute da sub e censurando espressioni anche solo vagamente ambigue come “membri del partito”.
Dopo è arrivato il ’68.
“Non penso che, in realtà, né da una parte né dall’altra ci sia la pretesa di cambiare la mentalità…”
Mi devo scusare, nella stesura del commento ho rovesciato il senso della frase dopo la virgola senza correggere l’inizio, quindi doveva essere “Penso che, in realtà, né da una parte né dall’altra ci sia la pretesa di cambiare la mentalità…”
Nel senso che sostanzialmente sono dell’avviso che attribuire alla televisione la capacità di ottenere effetti persuasivi immediati sia fuorviante e che i cambiamenti sociali sono il risultato di diversi fattori.
Però non ne sottovaluterei il ruolo sul medio e lungo periodo, soprattutto se il fatto di ‘condizionare’ l’opinione della massa riguarda temi a combustione lenta (i “valori”, la “tradizione”) e non, per esempio, lo spostamento di voti in vista di una tornata elettorale.
Tra l’altro, la protesta appena scoppiata sullo sceneggiato con Banfi dovrebbe “proteggere”, secondo alcuni, gli spettatori più giovani per evitare una sorta di imprinting “negativo” di cui dovremmo vedere gli effetti fra un po’ di anni.
Nel medio e lungo periodo, su temi a combustione lenta (bella espressione) direi che diventa anche difficile capire quanto la televisione influenzi e quanto venga influenzata.
Non voglio sostenere che la televisione non abbia alcuna influenza, mi interessa solo evidenziare come questa influenza sia maledettamente complicata.