La straordinaria cultura scientifica di cui [Fred Hoyle] dà prova nei suoi romanzi è in netto contrasto con i suoi numerosi libri scritti di recente con C. Wickramasinghe; qui l’erronea presentazione del darwinismo come teoria della pura casualità e le stizzose polemiche contro Darwin stesso non fanno onore alle ipotesi, peraltro stimolanti, da loro presentate sulle origini interstellari della vita. Gli editori dovrebbero imparare che se uno studioso è grande in un ramo della scienza, non vuol dire che sia grande anche negli altri. E gli studiosi di prestigio, in attesa che venga sradicata questa convinzione erronea, non dovrebbero cedere alla tentazione di approfittarne.
Richard Dawkins, Il gene egoista, cap. 4 nota 3, Mondadori, 1992 (traduzione di Giorgio Corte e Adriana Serra)
Richard Dawkins è un etologo che ha scritto e pubblicato un libro di teologia, L’illusione di Dio.
Suvvia, la teologia non è un ramo della scienza…
Mi spiace, non è un libro di teologia, è un libro sull’irrazionalità della religione. Mi sembrano due cose un po’ diverse!
Massi’, insomma, sempre qui a dire chi puo’ parlare di cosa…
Se hai detto una cosa interessante, hai detto una cosa interessante, chiunque tu sia. Se hai detto una castroneria, idem. E se sei un grande e rispettato esperto in un campo, non ti si puo’ mica vietare di dire la tua su un cert’altro campo. E se qualcuno ha qualcosa da obiettare a quel che dici, lo faccia nel merito di quel che hai detto, non blaterando “che resti nel suo campo!”
O no?
Premesso che la mia è stata una semplice provocazione, avevo previsto alcune obiezioni:
Marcoz: Non è un ramo della scienza ma è comunque un ramo dello scibile umano (!) con un corpus di conoscenze acquisite, che Dawkins ignora.
Angelita: l’irrazionalità della religione fa parte della teologia.
E adesso, due parole in difesa di Dawkins: propone un approccio diverso, ed è quindi almeno in parte costretto a ignorare il lavoro teologico precedente.
hronir: sono d’accordo con quello che hai scritto, ma il problema qui è leggermente diverso e riguarda la credibilità degli studiosi.
Diciamo che voglio approfondire le mie conoscenze su X e su Y. Non posso leggere tutto, ovviamente, e cerco il miglior esperto su X (lasciamo perdere come può un ignorante scoprire chi è il migliore esperto), che si chiama W. Scopro che W ha anche scritto sul tema Y, e sono in automatico portato a credere che W sia una autorità anche su Y, mentre in realtà non lo è, come scoprirei se leggessi l’autore Z, vero esperto su Y ma a me sconosciuto.
Spero che le lettere non incasinino tutto… 😉
Ivo, credibilita’: sono d’accordo con quel che dici, ma il problema e’ appunto dare troppo credito alla credibilita’ (e scusate il gioco di parole…).
Trovato W alla ricerca del miglior esperto su X, divento curioso su cosa mai pensera’ anche su Y, visto che mi e’ tanto piaciuto quando parlava di X… Poi magari incontro qualcuno che mi dice: guarda che sono cavolate, quelle su Y, leggi invece cosa dice Z!
E allora, leggendo e confrontando W e Z su Y, posso farmi un’idea su chi abbia ragione (tenendo magari in conto che Z e’ considerato un esperto di Y, ma entrando nel merito della questione!). L’importante e’ non cadere nell’ipse dixit.
Ivo, teologia:
ah ah ah… 🙂
ah ah ah… 🙂
Mi fa piacere che la battuta abbia avuto successo!
“[la teologia ha] un corpus di conoscenze acquisite”
Ivo, ma bravo! E io che penso di venire qua e trovare una persona seria! Ma lo sai che questa frase m’ha assillato per tutto il pomeriggio? Non sono mica preparato e brillante come la media dei tuoi lettori, io…
Buona serata
Scusa, ma la scompisciata e’ stata irresistibile.
Il problema pero’ non sarebbe proprio cosi’ ìlare.
Secondo te, tanto per mirare piu’ al centro, la filosofia ce l’ha, lei, un corpus di conoscenze acquisite? C’e’ qualcosa, in filosofia, che qualunque filosofo oggi sarebbe disposto senza esitazione a sottoscrivere?
(gettato il sasso, trasse la mano…)
Marcoz: Non so se sono una persona seria. Quella frase, se la cosa ti può consolare, era seria, solo espressa male. Diciamo che la teologia è una tradizione con un corpus di affermazioni grosso modo coerente. A voi la scelta se assimilarla alla fisica o alla astrologia, entrambe tradizioni con un corpus eccetera.
Puoi essere un esperto di astrologia, di fisica e di teologia come non saperne nulla. Per criticare l’astrologia sarebbe auspicabile conoscerla nei dettagli. È chiaro che se la tua critica va ad un punto fondamentale, i dettagli li puoi ignorare…
hronir: Filosofia è un termine vago, come scienza, del resto. Se giro la tua domanda «C’e’ qualcosa che qualunque filosofo sarebbe disposto senza esitazione a sottoscrivere?» in «C’e’ qualcosa che qualunque scienziato oggi sarebbe disposto a sottoscrivere?» ne vedi i limiti: quali cose un astrofisico e un climatologo potrebbero sottoscrivere? Il qualunque, poi, è problematico: tutte le attività umane hanno degli eretici, ed è bene che ci siano.
Restringendo alle singole discipline filosofiche, le cose, ovviamente, migliorano.
Alcuni esempi. Baro leggermente: invece di temi, cito autori in una qualche maniera classici (un classico può anche essere criticato e in contraddizione con altri classici).
Frege e Hilbert per la filosofia della matematica; Meinong, Searle e Reinach per l’ontologia sociale; Putnam, Quine e Wittgenstein per la filosofia del linguaggio; Rawls e Nozick per la filosofia politica.
Mi fa piacere che tu abbia citato il mio caro Quine.
Ma secondo me “un qualunque filosofo” sarebbe pronto a sottoscrivere l’importanza di quei nomi nel percorso (?) storico della filosofia, non necessariamente le loro tesi.
E non e’ questione di sottili sofismi: aspettavo precisamente che tirassi in ballo la scienza! 🙂
Se volessimo fare i sofisti, con la scienza, potrei citarti (seguendo un famoso esempio di E. Bellone) il caso di Laplace che misuro’ con molta precisione la quantita’ di fluido calorico (sic!) trasferita da un corpo all’altro. E indovina come fece? Usando un termometro a mercurio come quelli di oggi! Se volessimo fare i sofisti con la scienza, potremmo star qui a chiederci cosa mai abbia davvero fatto Laplace, cosa fosse mai quella sostanza di cui aveva misurato il volume, et cetera. E invece i fisici suoi contemporanei avrebbero sottoscritto senza esitazione quel che Laplace faceva. C’erano dei punti dubbi, oggettivamente dubbi, di cui lo stesso Laplace era consapevole. La teoria del fluido calorico non fu banalmente un errore, una deriva cieca e morta della termodinamica. “La fisica del calorico […] cadde poiché seppe progredire a tal punto da far emergere al suo interno problemi che essa stessa non era in grado di risolvere” (Bellone, Caos e Armonia, Storia della fisica moderna e contemporanea).
Sappiamo tutti che, strettamente parlando, Newton e’ stato superato da Einstein (mi riferisco non a loro come uomini, ma alle loro teorie della gravita’). Eppure Newton si insegna ancora, e non solo al liceo, ma anche all’universita’. E non si insegna sui suoi testi originali (che risulterebbero pressoche’ incomprensibili), ma si insegna di lui quel che ha capito, quel che “qualunque fisico non esiterebbe a sottoscrivere”.
A dir il vero, Ivo, mi sembri una persona seria ma non seriosa; sono io che, con seria ostinazione, non metto gli emoticon…
Riguardo la teologia, sono dell’idea di assimilarla a un certo tipo di Fantascienza.
Marcoz:
Se non ricordo male, in Australia molte persone hanno dichiarato di appartenere alla “religione Jedi”
hronir: Hai scoperto il mio bluff.
Non riesco a trovare una qualche affermazione sottoscrivibile da tutti gli studiosi, che so, di filosofia del linguaggio, a parte le banalità che sottoscriverebbe qualsiasi persona dotata di buon senso o i risultati di una ricerca scientifica. Forse è un limite mio, ma direi che i filosofi litigano su più argomenti rispetto agli scienziati (il che non significa, ovviamente, che litigano di più).
Ivo, non fraintendermi. Anche se la tentazione e’ spesso irresistibile, non sono convinto che la filosofia si tutta aria fritta. Credo anzi che si siano fatti significativi e oggettivi “progressi”, dall’antica grecia ad oggi (penso alle critiche di Berkeley e a Hume), soprattutto in certi settori come la filosofia del linguaggio (Wittgenstein ma soprattutto il mio caro Quine).
Il problema spesso sono proprio i filosofi: voglio dire, come diavolo fai anche solo a parlare con uno come Hegel?!?
(certo che ho scelto proprio la tana del lupo… 🙂 )
Al di là della “credibilità”- una questione di sociologia della scienza che non mi pare decisiva- c’è il punto del metodo.
Ogni tanto qualcuno ha la geniale trovata di applicare una disciplina -rigorosa- ad un altro campo o di cercare di fondere due discipline in un unico discorso, senza curarsi del perché dovrebbe applicarsi lo stesso metodo ad un altro campo.
L’esperto farà delle affermazioni MOLTO interessanti, al punto da sopravvanzare ogni dubbio sulla credibilità, e troverà perfino delle conferme a quello che dice.
( Poco significa: anche l’alchimia era confermata da fatti. E’ il cosiddetto “paradosso della conferma”. )
Certo, rimarranno dei punti oscuri ma si può sempre dire che spesso una scienza è perfettibile e non conclusa( cosa diversa dalla falsificabilità ): il mancante è solo il lavoro da fare.
Un esempio è l’applicazione tale e quale della logica all’analisi del linguaggio o della teoria dei giochi al comportamento sociale.
Nel passato ci furono anche tentativi più risibili, come il chimico Liebig che voleva fare il sociologo.
Non funzionano granché, però spiegano sempre qualcosa.
Non è proprio moneta sonante, ma dei pagherò.
Anche i pagherò dopotutto hanno una loro consistenza…
Dov’è il trucco? Beh, la perfettibilità, come giustificazione dell’incompiutezza, può essere invocata solo se il compimento della ricerca è pensabile e sensato.
Questo però va accertato in linea teorica, non in modo fattuale.
Quindi serve un metodo.
“E ‘ndo sta il metodo?” è quindi la prima domanda da porre.
Se non c’è risposta penso che possiamo cestinare l’autore, senza rimpianti se non per la carta sprecata.
eno, secondo me stai facendo un discorso troppo generale, che non puo’ essere assunto come base per decidere se quello che una persona dici vada preso sul serio o meno.
Se il tuo discorso e’ una semplice constatazione di quello che, spesso, e’ accaduto (il “passaggio di campo” come strada per delle castronerie), ci puo’ anche stare. Ma a costo di sembrare ripetitivo, secondo me questi discorsi lasciano il tempo che trovano e per discutere di qualcosa bisogna entrare nel merito della questione. Se l’unica cosa che sai fare per abbattere la mia tesi e’ dirmi “tornatene nel tuo campo”…
(Tanto per dire: Crick, quello dell’elica del DNA, era un fisico teorico, prima che cominciasse ad occuparsi di biochimica; e, nell’ultia parte della sua vita, si e’ occupato, con successo, di neuroscienze… che facciamo, gli ritiriamo il Nobel?)
La biografia di una persona, che tu citi, Hronin, non ha alcuna importanza e non era in questione. Neppure ho detto qualcosa riassumibile in “Non uscite dal vostro campo”.
Gli studi iniziali di uno studioso eclettico non dicono molto, specie quando questo opera un passaggio tra due materie già di solida tradizione.
Se uno inizia come economista e poi si dà alla sociologia e alla teoria del diritto- come von Hayek – nulla di strano, se nel passaggio ha non solo avanzato tesi nell’altro campo, ma ne ha anche acquisito il metodo, oppure ha elaborato una precisa metodologia, o ha chiarito i principi-ponte tra i due campi, o ha criticato la metodologia esistente.
A volte, sono onesto, tutto ciò è superfluo per la prossimità tra i campi sono molto vicini: un filologo può fare il glottologo, un fisico il chimico…
L’esempio di Crickr che fai, quindi, non dimostra granché.
Il metodo è indispensabile, invece, se si vuole fare il salto della quaglia dalla biologia all’antropologia culturale o dalla linguistica alla teoria politica o ci si inventa una disciplina nuova come quella dei memi oggi o la psicanalisi ieri.
Freud si preoccupò di delimitare il proprio campicello dalla psichiatria e dalla psicologia e lo fece a ragion veduta- bisogna poi vedere se la delimitazione regge…
Tu dici a ragione che bisogna entrare nel merito di una questione precisa.
Questione: universali linguistici.
Ma perché ci siano questioni ovvero matters of fact, ci devono essere anche facts of the matter, cioè un ambito di questione su cui discutere!
C’è la celebre disputa tra Quine, Searle e Chomsky su intenzionalità, linguaggio e coscienza.
Quine sosteneva che non si può parlare di reali leggi del linguaggio, ma di una pluralità di grammatiche corrette. Ciò non solo per la consueta sottodeterminazione delle scienze, ma perché la sintassi sarebbe solo una descrizione ottenuta empiricamente dal SINGOLO soggetto a partire da SINGOLE esperienze e il cui valore deve essere puramente estensionale.
E se non ci sono leggi reali, neppure c’è scienza.
Ora, Quine aveva torto perché applicava la sua teoria della semantica, già oggetto di discussione, alla sintassi e probabilmente presupponeneva in modo surrettizio l’inesistenza di un livello autonomo della coscienza per poi usarlo come conclusione.
Aveva però fatto un’obiezione calzante e acuta, per quanto errata.
Se non esiste un ambito di realtà in cui possano dimorare le leggi del linguaggio, i concreti risultati della teoria dei principi e dei parametri è solo un pestar acqua nel mortaio.
La risposta gli arrivò e fu appunto di metodo. Né searle né chomsky gli dissero: “Guarda, secondo questi dati solidissimi tutte le lingue a soggetto nullo possono portare un soggetto in posizione interrogativa ad inizio frase…”
A improvvisarsi in un ambito sconosciuto si incorre nello stesso rischio: vengono avanzate tesi in un ambito che è tutto diverso da come è immaginato.
I facts of the matter ci sono, ovviamente, ma non hanno niente a che vedere con i presupposti della teoria.
Se il benessere sociale fosse spiegabile in termini di energia, allora Liebig avrebbe potuto applicare il calcolo delle calorie alla sociologia.
Tuttavia, LE COSE NON STANNO COSI’, anche se avrebbero potuto.
L’ambito in cui si sta teorizzando è letteralmente fanta-scienza.
Certo, questo è solo un rischio.
Ma la scienza non è il gioco dei dadi o un ufficio di scommesse ippiche: deve garantire una solidità e una certezza, per distinguersi dal tirare a indovinare.
ciao, eno
Errata corrige:
“A volte, sono onesto, tutto ciò è reso superfluo dalla prossimita tra i campi”
Penso che eno, con il suo discorso sul metodo, abbia colto nel segno: non è certo possibile studiare la psiche umana con gli strumenti della fisica, però applicare alla psicologia i metodi evoluzionistici ha portato a risultati notevoli e interessanti.
Non necessariamente un oggetto chiede un certo metodo e mal sopporta altri metodi di indagine.
Direi che non c’è comunque un criterio semplice per stabilire quando qualcuno dice fanfaronate e quando dice cose serie. Ci sono comunque molti indizi…