Data stellare 4307.1, anno 2268 (nella realtà, gennaio 1968): il dottor McCoy discute con il vulcaniano Spock della distruzione di una nave stellare con a bordo quattrocento persone.
Data stellare , 43198.7, anno 2366 (nella realtà, ottobre 1989): il primo ufficiale Riker discute con l’androide Data della morte del tenente Marla Aster.
In entrambi i casi, a non capire l’umanità – o a capirla meglio di quanto un essere umano possa fare – è un qualcuno privo di sentimenti: il vulcaniano Spock, che ha rifiutato le emozioni, e l’androide Data, incapace di provare emozioni a causa dei limiti del suo cervello positronico.
La storia umana sarebbe meno sanguinosa ma staremmo continuamente a piangere per qualsiasi morto del pianeta. E alla fin fine diverteremmo insensibili alla morte.
“e alla fin fine diventeremmo insensibili alla morte”: il che sarebbe a mio parere altamente auspicabile dato che si tratta di qualcosa di naturale e inevitabile.
Come sempre, un pochino di capacità di astrarre in più ci farebbe senz’altro preoccupare e soffrire di meno.
Non si tratta di nichilismo ma, diciamo, di pratica consapevole dei propri limiti. Più o meno la buona vecchia atarassia di stoici ed epicurei.
Saluti
@Fabristol: sei un po’ troppo categorico. Probabilmente l’investimento emotivo sarebbe minore, ma non penso arriveremmo a una totale insensibilità.
Personalmente, mi accontenterei che la carica emotiva per la scomparsa di una persona sia proporzionale al rapporto diretto, non a strane alchimie di gruppo che non capisco. Perché dovrei essere più triste del fatto che muoiano due italiani o due svizzeri rispetto a due cinesi o indiani?
@filopaolo: un po’ di emotività riguardo alla morte, e alla sofferenza, degli altri non mi sembra un atteggiamento deplorevole…