Un bel salto nel buio dal punto di vista semantico

Oggi è il novantesimo compleanno del poeta Giorgio Orelli.1

Su laRegioneTicino di ieri una lunga intervista raccolta da Claudio Lo Russo, con un passaggio che mi ha colpito:

Il sentimento dell’infinito non gli è certo estraneo. La religione, però, non appare ai suoi occhi di «contadino istruito» un appiglio sicuro. «L’esigenza di credere in qualcosa che continui è viva anche in me», dice. Ma pensare l’eterno come la nostra esistenza che prosegue nell’aldilà «mi pare un po’ troppo». La vita eterna? «Noi, quando parliamo della vita, intendiamo questa qui, adesso. Poi, non avendo a disposizione molte altre parole, diciamo ‘la vita eterna’. Ma questo è già un bel salto nel buio dal punto di vista semantico».

La “vita eterna” è un abbaglio linguistico, una metafora che è andata troppo oltre.
Una espressione che usiamo perché non ne abbiamo altre a disposizione, e ci accontentiamo, smettendo di interrogarci sul significato di quella espressione.
Poesia e filosofia, qui, direi che sono alleate.

  1. Ero tentato di scrivere “genetliaco”, ma il poeta è lui, non io. []

5 commenti su “Un bel salto nel buio dal punto di vista semantico

  1. Più che un abbaglio linguistico si tratta di un vero e proprio ossimoro. L’eternità è una dimensione fuori dal tempo mentre la vita è per sua natura un processo temporale.
    Saluti

  2. Sì, oggi eterno vuol dire anche di durata infinita. La confusione dei due significati in una unica parola si è verificata durante la Scolastica. Il latino conosceva due differenti termini per due concetti differenti: aeternitas (da aevum/aion che implica una concezione ciclica e perpetua del tempo) ma è usato anche ad indicare una dimensione fuori dal divenire (per esempio da Platone) e sempiternitas (da semper, che dura sempre, cioè un tempo lineare di durata infinita).
    Agostino, che conosceva bene la differenza, propose di risolvere il contrasto tra concezione ciclica pagana e concezione lineare cristiana del tempo affermando che Dio si trova in una dimensione di eternità, in uno stato dell’ “essere” fuori dalla successione temporale. Creando il mondo ha creato contestualmente anche il tempo lineare, la sempiternità, che quindi ha avuto un inizio ma che è tendenzialmente infinita, almeno finché piacerà a Dio.
    Nella loro mania di voler accordare a tutti i costi la filosofia aristotelica con la dottrina cristiana, cioè di voler conciliare l’inconciliabile, alcuni scolastici hanno giocato molto con il significato delle due parole e hanno tentato di far coincidere l’aeternitas con la sempiternitas perché questo serviva loro a far coincidere la visione aristotelica e pagana di un mondo senza inizio né fine con la visione cristiana. Il termine eternità ha finito con l’inglobare i due diversi significati ed è rimasto nell’uso comune a scapito dell’altro termine che oggi è diventato un sinonimo. La mancanza di distinzione dei due concetti in due parole differenti è uno dei numerosi danni alla pratica corretta del linguaggio ordinario ereditati dalla Scolastica.
    Avrai capito che ho sollevato questa inutile polemica perché la filosofia scolastica mi sta sulle palle.
    Saluti

  3. @Filopaolo:

    Avrai capito che ho sollevato questa inutile polemica perché la filosofia scolastica mi sta sulle palle.

    Capisco…

    @ant: Mi ero perso quel post su Rationally speaking. Grazie per avermelo segnalato.

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