La quarta di copertina recita:
Un testo folgorante, controcorrente, degno di un grandissimo pensatore.
Con queste parole qualcuno ha deciso di presentare al pubblico italiano Occidente e multiculturalismo di John Searle (Edizione Il Sole 24 Ore e Luiss University Press, 2008, 86 pagine, 10 €).
Non ho intenzione di mettere in dubbio che Searle sia un grande pensatore: Enrico Caniglia e Andrea Spreafico, nella prefazione, riassumono il percorso filosofico di Searle, ed effettivamente è quello di un grande filosofo. Non mi è ben chiaro cosa sia un testo folgorante: la lettura è piacevole e l’esposizione degli argomenti è molto chiara, ma non credo che questo sia sufficiente per folgorare il lettore.
Quello che proprio non capisco, di questa quarta di copertina, è il controcorrente.
Il testo è una polemica su alcuni tentativi di riformare i curricula universitari. Il dibattito riguarda, ovviamente, la situazione universitaria americana, ma Searle inquadra subito la questione in termini più generali, rendendo così i termini del dibattito comprensibili anche al lettore italiano.
Il nucleo dell’argomentazione di Searle è l’enunciazione di alcuni principi fondamentali della tradizione razionalista occidentale:
- La realtà esiste indipendentemente dalle rappresentazioni umane.
- Almeno una delle funzioni del linguaggio è quella di comunicare significati da un emittente a un ricevente, e a volte questi significati rendono possibile una comunicazione riferita a oggetti e a situazioni nel mondo che esistono indipendentemente dal linguaggio.
- La verità è un problema di accuratezza (accuracy) della rappresentazione.
- La conoscenza è oggettiva.
- La logica e la razionalità sono formali.
- Gli standard intellettuali non sono alla portata di tutti. Vi sono criteri validi sia oggettivamente, sia intersoggettivamente per il raggiungimento e l’eccellenza intellettuali.
Questi principi fondamentali mi sembrano tutto tranne che controcorrente. Searle è qui anzi un (notevole) difensore della tradizione e del senso comune.
Come può una difesa del senso comune essere controcorrente? Non può, soprattutto se si ha l’accortezza di dire che non è possibile avere delle tesi a favore della tradizione razionalista occidentale, appunto perché l’idea stessa di “tesi a favore” ha come presupposto la tradizione razionalista occidentale:
A “difesa” del realismo, l’unica cosa che is possa dire è che esso costituisce il presupposto delle nostre pratiche lingusitiche e di altro genere. Non si può negare con coerenza il realismo e impegnarsi in normali pratiche linguistiche, poiché il realismo è una condizione della normale intelliggibilità di quelle pratiche. Si può osservare ciò prendendo in esame qualunque tipo di comunicazione ordinaria. (pp. 73-74)
Sì, Searle è un grandissimo pensatore, e questo testo, per quanto non folgorante, è sicuramente interessante e ben scritto. Controcorrente, però, no.
Una nota a margine: se il realismo è condizione della normale intelliggibilità delle nostre pratiche, enunciarlo come tesi non equivale a fargli violenza?
Beh, dai, è chiaro quale sia la corrente contro cui Searle si muove. Non fatico a immaginarmi qualche erede di Derrida, o qualche sociologo americano, o qualche psicanalista à la Slavoj Zizek dare del cretino a uno che sostenga i punti da 1 a 6.
Sì sì, è chiaro, anche perché Searle un paio di nomi li fa (Derrida e Rorty, non so se per stima o disistima).
Nel libro, comunque, si criticano soprattutto le riforme dei curricola universitari e quelli che si aspettano che un corso sulla condizione femminile non abbia lo scopo di comprendere la condizione della donna ma quello di cambiare tale situazione (e conseguentemente, tale corso dovrà essere tenuto da donne femministe). Il postmoderno viene identificato come causa di queste balzane idee.
Ciao Estinto,
sono un neo-lettore.
Grazie per la scheda su Searle e la questione sul tavolo.
“Come può la difesa del senso comune essere controcorrente?”
Bhé, se si rivendica il senso comune come controcorrente, lo si carica di forza nuova. Così un ritorno al senso comune non sembrerà un ritorno alla tradizione, ma un avanzamento nella nostra società.
Così, con tutta la confusione culturale e sociale in cui ci troviamo a vivere, un “folgorante testo controcorrente” prenderà gli animi e li infiammerà, indirizzandoli verso la riaffermazione di una tradizione che è sì gloriosa e notevole, ma che non certo è uscita dalla crisi (né mai lo farà, a questo punto, a meno che non si sia pronti veramente a credere che la verità sia una questione di accuratezza della rappresentazione (2) e che la conoscenza è oggettiva). Ora, io non sono un filosofo, e quindi mi scuso dei miei sproloqui fin qui, ma mi sembra che questi problemi siano vecchi almeno di mezzo secolo, e che il relativismo non sia stato solo uno scossone, un’ipotesi di conoscenza subito scartata. O no?
@Salpo: Ti prego, non chiamarmi Estinto, che evoca tristi scenari…
Io non nego che la appassionata difesa di Searle possa avere tratti di originalità, e neppure che essa sia inutile o dannosa. Semplicemente, non credo possa dirsi controcorrente: se vogliamo tenere la metafora natatorio-fluviale (?), possiamo dire che Searle nuota, e il suo è un gran bel nuotare, ma certo non nuota controcorrente, ma proprio nella direzione della corrente.
Quanto al relativismo… la questione è vecchia non di mezzo secolo, e neanche di mezzo millennio: quello che oggi viene (impropriamente) chiamato relativismo non è nient’altro che lo scetticismo di Pirrone!
Consiglio la lettura dei due seguenti libri (possibilmente da leggere in sequenza):
– “Scienza e realtà”, VV.AA., a cura di Giulio Peruzzi
– “Il software dell’universo”, di Mauro Dorato
(entrambi della collana ‘Biblioteca delle scienze’ edita da Bruno Mondadori editore).
Ma il top è la lettura di questo libro di cui metto solo il link: (di J. Bernstein)
Buona lettura a tutti 🙂
Ivo, forse non mi sono spiegato bene: il fatto che nuoti perfettamente in corrente ma dica (o si dica di lui) che sta nuotando controcorrente lo vedo come un (scorretto) modo per raccogliere un po’ di consensi da entrambi le parti. Confondere le parti – e mi sembra che ultimamente questo giochino si faccia spesso – è un modo per appropriarsi di un’idea, un passato, una tradizione. E rivendicarne il diritto di interpretarla.
Che ne pensi?
avrei detto quest’ultima cosa, ma in termini più rozzi: è marketing, devono vendere. aggiungendo un lamento sul fatto che “oggi è tutto un vendere”, e che la gente non ha più i sani valori di una volta, magari 😉
@Francesco: Quel libro di Peruzzi devo averlo anche letto, almeno qualche pezzo, anche se non ricordo dove… Comunque, grazie per la segnalazione.
@Salpo: Come giustamente dice Alex, è marketing, e il marketing non guarda in faccia a nessuno, figuriamoci alla verità. Searle non ha colpa e non cerca di raccogliere consensi da entrambe le parti, e l’editore cerca di raccogliere un sacco di sani valori, nel senso di denaro (il che non è necessariamente un male).