La ricerca scientifica va giustamente incoraggiata e promossa sempre che non avvenga a scapito di altri esseri umani la cui dignità è intangibile fin dai primi stadi dell’esistenza.
Così Benedetto XVI nel suo saluto a un congresso romano sulle cellule staminali adulte. Ne parla, ovviamente su Avvenire, Carlo Bellieni, che così riassume il ruolo del netto limite tracciato dal Papa:
Il limite alla ricerca infatti non è un’artificiosa barriera ma l’argine che il fiume costruisce per poter marciare sereno e portare lontano le sue acque.
La metafora usata da Bellieni è bella, ma non se ne capisce l’utilità. Il limite tracciato da Benedetto XVI è la dignità umana: anche se fosse un artificioso argine che rallenta l’avanzare della conoscenza scientifica, sarebbe comunque giusto costruire questo argine.
Questo precisare che i limiti non costituiscono un vero ostacolo, ma anzi possono diventare una preziosa opportunità, è inutile. È come se dicessero: non sparare alle persone perché le uccidiamo, e comunque sparando alle persone si rischia di diventare sordi per il rumore…
Nota marginale vagamente più seria: va bene la dignità, ma come stabilire quando questa dignità viene violata? È il soggetto presunto violato a poterlo stabilire?